Ucraina, il presidente di Federalberghi Bocca: «Senza stop al conflitto perderemo i turisti Usa»

Nella Capitale aperto un albergo su tre oltre ai russi mancano i visitatori cinesi

Ucraina, il presidente di Federalberghi Bocca: «Senza stop al conflitto perderemo i turisti Usa»
di Francesco Bisozzi
5 Minuti di Lettura
Lunedì 7 Marzo 2022, 07:12 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 10:32

Dopo il Covid, la guerra. In ginocchio il settore del turismo, reduce da un primo trimestre da incubo. Così il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca: «Il comparto degli alloggi non è ancora uscito dal tunnel della pandemia e le nuove tensioni internazionali non lasciano molte speranze per il futuro. Gli alberghi italiani non vorrebbero essere costretti a chiedere ulteriori aiuti, ma la verità è che molti di essi non hanno potuto riaprire da marzo 2020 e certo non basta il periodo estivo per consentire alle aziende dell'ospitalità di sopravvivere». Non è però solo l'addio al turismo russo a preoccupare gli operatori del settore, ma i riflessi della crisi in Ucraina sui flussi di visitatori provenienti dagli Stati Uniti. «Gli statunitensi hanno voglia d'Italia - osserva Bocca - in moltissimi hanno prenotato quest'estate nei nostri alberghi, ma è chiaro che se il conflitto dovesse aggravarsi allora incominceranno ad arrivare le disdette. Assieme a russi e cinesi, è il caso di ricordarlo, i viaggiatori Usa sono i turisti che spendono di più. E a rimetterci, in tal caso, non saranno solo i grandi hotel a cinque stelle».

Ucraina, il generale Bertolini: «Putin ha già il controllo di una parte del Paese, e senza negoziati vincerà»

Putin, le defezioni e il no dei generali. «Minsk ha tradito lo Zar»


Facciamo il punto. Il settore ricettivo è uno dei pochi ad aver avuto nel 2021 un livello di fatturato inferiore al 2019: il fatturato dei servizi di alloggio è calato di quasi un terzo rispetto ai livelli del 2019 (-32%). Nel 2020 il settore aveva perso oltre la metà del fatturato (-54%). Solo l'assenza dei turisti russi costerà al Lazio quest'anno 20 milioni di pernottamenti in meno. In Sardegna ballano 80 milioni di euro (quaranta per l'alberghiero e il resto di indotto). La Toscana perderà 221mila arrivi.
Bocca, dopo i turisti russi rischiamo di perdere anche gli americani?
«È ancora presto per dirlo. Finora non sono arrivate disdette da oltre Atlantico. Ma gli americani sono molto attenti alla sicurezza, lo abbiamo visto durante l'ondata di attacchi terroristici dell'Isis in Europa. Risultato, se la guerra dovesse inasprirsi ulteriormente allora non solo l'Italia, ma tutti i Paesi Ue, verranno visti negli Usa come Paesi a rischio e, quindi, da evitare. Ripeto, però, al momento non abbiamo segnali di questo tipo. Si tratta del peggior scenario ipotizzabile per la nostra industria».
Perché l'assenza dei turisti russi è destinata a farsi sentire in modo particolare?
«Semplice, sono turisti con alta capacità di spesa. Non se ne stanno chiusi in hotel, escono e comprano. Non vanno misurati dunque solo sulla base delle presenze, ma in termini di fatturato. Il turista russo ha un debole per le griffe, ordina buon cibo, non risparmia sui vini, insomma spende tanto sia in albergo che fuori, nelle boutique, per il trasporto, in aeroporto».
Quali erano le mete preferite dei russi in visita in Italia?
«Preferiscono le località balneari alle città d'arte. In particolare la Sardegna: par la Costa Smeralda l'assenza dei russi sarà un duro colpo. In Toscana una meta obbligata per loro è Forte dei Marmi. E poi scelgono Milano per lo shopping e la Capitale per i negozi di Piazza di Spagna. Gli americani invece sono affezionati soptrattutto alle città d'arte, tra le destinazioni messe più a dura prova dalla pandemia».
Come stanno andando finora le prenotazioni?

«La situazione è in netto recupero.

Anche se non siamo ancora sui numeri del 2019. Oltre ai russi mancano i cinesi, un mercato in crescita a doppia cifra prima della pandemia. I cinesi sono gli altri grandi top spender di cui il settore del turismo oggi deve scontare l'assenza».

 


Al momento quante strutture alberghiere sul totale sono in funzione?

«A Roma, per esempio, circa 450 su 1.200. E a Firenze siamo sugli stessi livelli: lavora il 30 per cento degli hotel della città. Con quello che accade non ci sorprende, il primo trimestre di quest'anno è stato il peggiore degli ultimi due anni».
In che senso?
«Siamo andati persino peggio del 2020, anno in cui è scoppiata la pandemia: due anni fa a gennaio e febbraio, prima del lockdown, il settore aveva fatto buoni numeri».
Dunque, servono nuovi aiuti.
«Certo che sì. Le aziende sono in sofferenza da due anni e ormai non hanno liquidità. Bene il credito di imposta sugli affitti per i primi tre mesi del 2022, ma la misura è riservata alle imprese che hanno perso il 50 per cento del fatturato sul 2019. Una soglia che consideriamo eccessiva: noi avevamo chiesto di fissare l'asticella al 30%. Inoltre non ci sono sostegni per gli albergatori proprietari delle mura. Questi ultimi hanno saldato l'Imu nel secondo semestre del 2021 e a meno di interventi dovranno pagare il prezzo pieno anche nel 2022. Così i pochi ristori arrivati se ne vanno in tasse».


© RIPRODUZIONE RISERVATA