Turismo, miniera d'oro anche per la criminalità organizzata. E la crisi per il Covid rischia di aiutare le infiltrazioni della malavita nelle attività che attendono le riaperture. Se ammonta a 2,2 miliardi di euro la stima dei proventi della criminalità organizzata derivante dall'infiltrazione economica nel comparto turistico italiano, la parte del leone - secondo la ricerca di Demoskopika che l'Ansa pubblica in anteprima - la fa la 'ndrangheta con un giro d'affari di 810 milioni, pari al 37% degli introiti complessivi. A seguire la camorra con 730 milioni (33%) e la mafia con 440 (20%) e criminalità organizzata pugliese e lucana con 220 (10%).
Osservando il livello territoriale emerge, inoltre, che nelle realtà del Mezzogiorno si concentrerebbe il 38% degli introiti criminali, pari a 825 milioni. A seguire il Centro con 515 milioni (23%), il Nord Ovest con 490 milioni (22%) e il Nord Est con 370 milioni (17%).
Sono quasi 4.500 le aziende a maggior rischio di riciclaggio associato a crisi di liquidità causata dalla pandemia. «Il turismo in ginocchio per il Covid fa gola ai sodalizi criminali», dice il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio.
Sei sistemi
Sono sei i sistemi turistici regionali a presentare i rischi più elevati di infiltrazione criminale nel tessuto economico: Campania, Sicilia, Lazio, Calabria, Lombardia, Puglia. Sul versante opposto, sono quattro le regioni a presentare una minore vulnerabilità, presenti nel cluster delle realtà con un rischio «basso» di infiltrazione economica: Marche, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige.
Il ministro
«L'indagine di Demoskopika sulle infiltrazioni mafiose nel turismo è preoccupante. È un fenomeno che danneggia pesantemente il comparto composto da imprenditori seri, danneggiati dalla pandemia.
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