Trivulzio, dopo i morti per Covid e tre mesi di isolamento riapre le porte ai parenti degli anziani ricoverati

Trivulzio, dopo i morti per Covid e tre mesi di isolamento riapre le porte ai parenti degli anziani ricoverati
di Claudia Guasco
3 Minuti di Lettura
Domenica 21 Giugno 2020, 20:52
MILANO Dopo tre mesi di isolamento, solitudine e paura per il virus che dilagava nei reparti, domani i familiari degli anziani ospiti del Pio Albergo Trivulzio potranno riabbracciare i loro cari. La storica struttura per anziani, al centro di un’inchiesta della Procura di Milano sulle morti per Covid-19 nelle Rsa, aprirà le porte ai parenti, per i quali da inizio marzo l’unico legame con i degenti erano sporadiche video chiamate. «Ottimismo e prudenza», dice il virologo Fabrizio Pregliasco, nominato a fine aprile supervisore dell’istituto nel pieno della tempesta per le morti e i contagi.
INCONTRI ALL’APERTO
La riapertura, spiega, avverrà con una serie di regole e ingressi scaglionati «nella speranza di autorizzare anche un numero maggiore agli incontri che dipenderà, comunque, dall’andamento epidemiologico». In questa fase iniziale potranno entrare «i primi dieci familiari, due per ognuna delle cinque strutture milanesi» che fanno capo al Trivulzio. E così avverrà per i successivi dieci giorni «di sperimentazione» degli incontri, che «dureranno un’ora, si svolgeranno all’aperto, a distanza di due metri, con dispositivi di protezione e con gli ospiti che saranno bardati». Alla presenza di «un medico e, se necessario, anche di uno psicologo». Sia i familiari che gli anziani dopo le visite «verranno monitorati e prima ci sarà un triage». Se tutto procederà bene, ha detto Pregliasco, «per ogni degente ci potrà essere una visita ogni 15 giorni». Il via libera è arrivato anche a seguito di un’ordinanza dei primi di giugno della Regione Lombardia che ha ricondotto in capo alle singole strutture la decisione di riaprire, valutando le condizioni di sicurezza.
L’ESPOSTO
Intanto, sul fronte dell’inchiesta, i familiari dei pazienti e dei morti della Baggina riuniti nell’Associazione Felicita, nata dal comitato “Verità e giustizia per le vittime del Trivulzio”, ha depositato alla Procura di Milano un articolato esposto - che ha già raccolto l’adesione di oltre 140 parenti di circa 60 degenti della struttura per offrire ai magistrati il quadro complessivo delle evidenze raccolte. «La sede giudiziaria è consona per stabilire la responsabilità per i fatti accaduti - afferma Alessandro Azzoni, presidente del Comitato Verità e Giustizia per le vittime del Trivulzio e presidente di Associazione Felicita - e a tal riguardo ci opponiamo all’introduzione di un eventuale scudo penale».
L’esposto offre un’articolata riflessione sulla portata in sede penale dei fatti accaduti e ipotizza la sussistenza di ulteriori gravi delitti rispetto a quelli attualmente al vaglio dei pm. In particolare, con l’atto l’Associazione sottopone alla Procura una prima valutazione sulla sussistenza del delitto di disastro sanitario, con il concorso determinante delle gravi carenze organizzative del Trivulzio già manifestatesi nelle settimane precedenti la pandemia. Inoltre, con riferimento ai ritardi e ai divieti nella distribuzione e nell’utilizzo di dispositivi di protezione individuale, le famiglie chiedono agli inquirenti di valutare la configurabilità del delitto di omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro. Nell’esposto si chiede alla Procura di valutare la sussistenza di profili di responsabilità, sia all’interno sia all’esterno della struttura, per la tragedia consumatasi al Pio Albergo Trivulzio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA