Tifosi inglesi a Roma beffando i controlli: 50 fermati in hotel

Tifosi inglesi a Roma beffando i controlli: 50 fermati in hotel
di Mauro Evangelisti e Camilla Mozzetti
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Domenica 4 Luglio 2021, 00:02 - Ultimo aggiornamento: 16:26

Alla fine gli inglesi sono arrivati, sono entrati a Roma violando le norme e beffando i controlli. E perfino i giornalisti di The Sun hanno documentato quanto sia stato facile aggirare le timide verifiche degli italiani, partendo da Londra, passando da Nizza, terminando il viaggio sotto il Colosseo, senza che nessuno li abbia fermati.

Certo, l’invasione degli inglesi per la partita degli Europei contro l’Ucraina è stata limitata: non erano i 3.000 temuti inizialmente ma 1.600 contati dalla Questura con il monitoraggio dei biglietti.

E sì: una parte dei tifosi della nazionale di Sterling è residente in Italia, in paesi dell’Unione europea o, magari, vive a Dubai, dunque non ha infranto le limitazione anti Covid che impongono, a chi nelle ultime due settimane è stato nel Regno Unito, cinque giorni di quarantena e un tampone al termine dell’isolamento.

 

Ma un’altra fetta consistente di tifosi inglesi è riuscita ad arrivare a Roma direttamente dall’Inghilterra, dove sta dilagando la variante Delta. Quanti? Difficile fare una stima, ma sarà utile sapere che una cinquantina sono stati intercettati in 27 hotel di Roma. Sono stati fermati? Sanzionati? No. Un inglese in Italia può entrare, la violazione avviene solo se non rispetta i cinque giorni di isolamento. In linea teorica, se non si dimostra che è uscito dall’hotel, non ci sono margini di intervento con una sanzione. Per questi 50 tifosi trovati - tutti con il biglietto per accedere allo stadio - i ticket sono stati “annullati”, bloccati e i loro nomi sono finiti nella cosiddetta “blacklist” in mano alle forze dell’ordine impiegate nei servizi all’Olimpico e nelle “fan zone”.

Controlli nelle aree riservate

Allo stadio e nelle aree riservate ai tifosi a piazza del Popolo e via dei Fori Imperiali i controlli ci sono stati, sono stati passati al setaccio documenti, certificati di test antigenici, date di acquisto del biglietto. Chi non era in regola, chi non poteva dimostrare di trovarsi in Italia o all’interno dell’Unione europea, alla partita non entrava. Ma dal punto di vista epidemiologico, respingere ai tornelli i tifosi inglesi giunti da Londra o Manchester non ha avuto alcuna utilità. Hanno passeggiato in città, frequentato bar, supermercati e ristoranti, sono saliti su taxi, treni, convogli della metropolitana. Ha detto prima del fischio di inizio la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese: «La partita dell’Inghilterra? Nei giorni scorsi abbiamo messo in atto, con la Fgci e con il sottosegretario allo Sport, tutta l’attività preventiva. Spero che tutto quello che abbiamo fatto sia sufficiente» Se cinquanta sono stati individuati negli hotel, è presumibile che almeno 200-300 (stima molto prudente) l’abbiano fatta franca, perché magari hanno soggiornato in qualche b&b illegale. Prima della partita, ad esempio, c’erano tifosi inglesi, visibilmente ubriachi, in coda in una farmacia per sottoporsi al test antigenico e mostrare il certificato all’entrata dello stadio.

La loro tesi: «Siamo rimasti cinque giorni isolati e poi abbiamo eseguito il tampone, come richiesto dalla legge italiana». Molto difficile da credere, visto che sei giorni fa ancora non si sapeva se l’Inghilterra avrebbe conquistato il diritto di giocare il quarto di finale degli Europei. Come hanno fatto ad aggirare i controlli? I giornalisti di The Sun lo hanno mostrato: aereo da Londra a Nizza perché l’Unione europea ha regole differenti e la Francia non impone limitazioni agli inglesi; poi hanno noleggiato delle auto francesi, passato il confine, fatto tappa a Firenze, infine missione coreografica a bordo di tre Mini (una bianca, una rossa e una blu) sotto il Colosseo, dove hanno scattato foto e girato video con tanto di mascotte (il Leone) della nazionale. Qualcuno li ha fermati? No.

THE ITALIAN JOB

Nell’articolo hanno spiegato che per quello che hanno chiamato l’Italian Job (citazione del titolo di un vecchio film), in linea molto teorica, nessuno ha violato la legge perché la normativa consente a un inglese di viaggiare in Italia per 36 ore per ragioni di lavoro. Ma il percorso Londra-Nizza-Roma, documentato da The Sun, è lo stesso seguito da molti inglesi per raggiungere l’Olimpico. La Questura aveva svolto dei controlli sulle liste dei passeggeri dei voli provenienti dal Regno Unito e dall’Ucraina (per questa nazione i divieti sono ancora più stringenti), in città sono stati organizzati cinque check-point e la fan zone di piazza del Popolo è stata presidiata. Tutto il centro di Roma, da Campo de’ Fiori a Fontana di Trevi era blindato. «E chi non è in regola allo stadio non è entrato». Vero, ma il problema non era l’Olimpico o la sanzione da 400 euro per il tifoso inglese che ha violato l’ordinanza del Ministero della Salute (e chissà se sarà mai pagata da un cittadino del Regno Unito). Il problema è ciò che è successo prima.
 

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