Stupro di Palermo, Ermal Meta rilancia: «Ero arrabbiato, ma per le vittime quel dolore dura sempre»

Il cantante si difende: «Io non ho scatenato nessun odio»

Ermal Meta torna a parlare dello stupro di Palermo: «Ero arrabbiato»
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Martedì 22 Agosto 2023, 10:51 - Ultimo aggiornamento: 15:20

Ermal Meta torna a parlare dello stupro di Palermo. «Quando subisci uno stupro quel dolore dura per sempre. Ciò che ho scritto è stato dettato dalla rabbia». Intervistato questa mattina da Giorgia Cardinaletti a Tg1 Mattina Estate, il cantautore Ermal Meta spiega i suoi tweet di ieri sullo stupro di massa avvenuto a Palermo.

Ermal Meta: «Ho conosciuto persone che hanno subito stupri e dopo vent'anni il loro dolore è ancora vivo»

«Ciò che ho scritto d'istinto è stato dettato dalla rabbia di un libero cittadino - continua - Il dolore non deve essere necessariamente personale per poterlo sentire. Ho conosciuto persone che hanno subito stupri e dopo vent'anni il loro dolore è ancora vivo».

«Quando compi uno stupro - continua Ermal Meta - l'eco di quel crimine dura per tantissimo tempo. Io non ho conosciuto stupratori che hanno fatto 25 anni di galera, ma ho conosciuto vittime di stupro che hanno fatto 20 anni di psicofarmaci. Non è quella forse una prigione?».

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Alle polemiche sull'aver scatenato l'odio dei social, Ermal Meta risponde: «Io non ho scatenato nessun odio.

L'odio viene scatenato da una certa passività. Spesse volte il non interesse su quello che accade viene travestito da una sorta di garantismo, e non può essere più così».

«È giusto educare - conclude il cantautore - ma è giusto anche punire qualora l'educazione non funzioni. Tutti i giorni incontro persone che esprimono le proprie paure e la più grande paura è diventata quella dell'altro». 

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Il cantante ha ricevuto moltissimi commenti dopo le prime dichiarazioni. E il giorno dopo ha voluto ribadirle. Ha voluto mettere a fuoco il punto di vista delle vittime. 

«Conosco persone, donne, che da uno stupro non si sono riprese mai più», ha scritto. «Che scattano in piedi appena sentono un rumore alle loro spalle, che non sono più riuscite nemmeno ad andare al mare e mettersi in costume da bagno come se non avessero nemmeno la pelle. Vogliamo salvare e recuperare un branco? Ok, sono d’accordo. Ma come salviamo una ragazza di 19 anni che d’ora in poi avrà paura di tutto? Perché la responsabilità sociale la sentiamo nei confronti dei carnefici e non in quelli della vittima? Se c’è una qualche forma di responsabilità collettiva nei confronti dei carnefici, allora dovremmo provare a sentirci responsabili anche per quella ragazza e per tutte le vittime di stupro perché è a loro che dobbiamo veramente qualcosa, sono le vittime che vanno aiutate a ricostruire la propria vita. Per quanto riguarda le pene esemplari credo che siano assolutamente necessarie per un semplice motivo: nessun atto criminale viene fermato dalla paura della rieducazione, ma da quella della punizione. L’educazione deve funzionare prima che si arrivi a compiere un abominio del genere. Ovviamente siamo tutti garantisti finché la “bomba” non ci cade in casa».

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A chi gli fa notare che bisognerebbe essere civili, garantisti, e quindi rispettare il corso delle indagini e di un giusto processo che ci sarà per gli indagati accusati di violenza sessuale, Ermal Meta ribatte che servono comunque pene certe e cita i casi delle donne uccise anche dopo aver denunciato compagni violenti. «Perché negli ultimi anni i casi di violenza contro le donne sono aumentati in maniera esponenziale? Non credo che si tratti solo di una repentina discesa culturale. Piuttosto si tratta della totale mancanza di paura e il senso di impunità che imperversa in questo paese diventando quasi endemico. (Vedi donne che denunciano 2/3/4 volte e poi vengono massacrate. Nessuno le protegge, la legge in primis.) Assolutamente d’accordo sull’educazione e la cooperativismo sociale, ma rieducare gli adulti è più complesso che educare i bambini (cosa fondamentale.)»

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