L'avvocato e consulente: «Il Covid ha trasformato i medici in influencer, si va avanti solidali»

L'avvocato e consulente: «Il Covid ha trasformato i medici in influencer, si va avanti solidali»
di Rosario Dimito
11 Minuti di Lettura
Lunedì 4 Gennaio 2021, 13:31

«Difficilmente scorderemo il 2020 e, se fossi un anno, non vorrei trovarmi nei panni del 2021: roba da ansia da prestazione». L’emergenza sanitaria che ci assedia da 12 mesi, ci ha fatto scoprire nuove forme di condivisione sociale, anche se con un prezzo da pagare in termini di limitazioni delle libertà, convergenza su dati e informazioni personali. Cade il vecchio convincimento della libertà come stato mentale?

Anna Rosaria Storelli è un avvocato d’impresa di Milano, ma pugliese della zona di Foggia di origini che ha lasciato a quattro anni. Si occupa di rivoli tecnico giuridici e culturali in fase di emersione nell’epoca Covid-19 perché riguardano l’infodemia, che è un sostantivo poco noto, di cui stiamo pagando il suo significato: la diffusione torrenziale di una quantità di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento come la pandemia per la difficoltà di individuare fonti affidabili e spesso queste fonti, sia pure autorevoli, come i virologi, sono in conflitto tra loro. L’infodemia ha ripercussioni sull’emergenza emotiva come risvolto di quella sanitaria ed economica. Oltre di questo, l’attività della consulente milanese spazia nella privacy, project management e diritto delle nuove tecnologie. «È appena trascorso l’anno della pandemia, che ci ha denudati di fronte ai nostri limiti, paure, debolezze e, al contempo, ci ha letteralmente storditi a suon di immagini, concetti, nozioni, paroloni quando, fino ad un attimo prima, il nostro rapporto con l’informazione si limitava ad un veloce scroll sui social la mattina alla fermata del bus, al tiggì delle ore 20, alle nomination del Grande Fratello Vip o a capire chi fosse Bugo (a proposito, qualcuno l’ha poi scoperto?)», spiega la Storelli in questo colloquio che senza sprofondare nello specialistico, offre con chiarezza chiavi di letture significative a una realtà nuova con cui stiamo facendo i conti e ci condizionerà anche dopo la fine dell’incubo-Covid-19. 

Covid, Bassetti: «Minacciato e insultato dai no-vax per il vaccino, la gente non merita di stare su Facebook»


Ecco, la prima scoperta esistenziale. «È successo, da un giorno con l’altro, che un pipistrello venuto dalla Cina ci abbia catapultati in un mondo fatto di malattia, debolezza finanziaria e morte e ci abbia imposto un livello di attenzione, solidarietà e partecipazione attiva cui non eravamo abituati e la cui esistenza abbiamo negato, forse per proteggerci da realtà che nel nostro immaginario avevamo associato a terzi, quarti e quinti mondi. E così, abbiamo dovuto affrontare da novelli costituzionalisti il tema della libertà personale, ci siamo interrogati assieme a Bauman sul nostro ruolo nella società liquida, abbiamo imparato a misurare il distanziamento sociale al supermercato, a fare previsioni circa l’andamento della curva dei contagi, a metà strada tra un virologo e il Divino Otelma». La Storelli riscopre questo filosofo polacco, sociologo, accademico, teorico che nella modernità c’è la convinzione “che il cambiamento è l’unica cosa permanente e che l’incertezza è l’unica certezza”. «Ovviamente, sto generalizzando, provocando e banalizzando, ma quello che voglio dire è che, fino ad un certo punto della nostra esistenza, avevamo una quotidianità che scorreva mediamente serena, votati ad un’ordinaria amministrazione, ad un succedersi di gesti e azioni apparentemente privi di consapevolezza. Chiamatela sopravvivenza o inerzia, chiamatelo minimo sindacale di coscienza sociale, chiamatela beata ignoranza ma era tanto, tanto rassicurante e quasi innocente», ammette con una naturalezza che oggi sembra spregiudicata ma soprattutto lontana dell’anno trascorso. Ma è così, perchè «il Coronavirus è piombato nelle nostre vite, ne ha scombinato le carte e ha messo in discussione ogni abitudine, certezza, punto di riferimento, piano, respiro. La nostra quotidianità è stata riscritta da decreti, il nostro vocabolario dalla letteratura medica», di qui le sue osservazioni e critiche “linfodemiche”.
Altra verità crudele. «Tutto ad un tratto, non abbiamo avuto altro argomento di conversazione che non contemplasse termini, neologismi e acronimi quali covid-19, lockdown, dpcm, droplet, contact tracing, smart working, ffp2, recovery fund, congiunti, dad, pandemia».

Luca Zaia: «Scuole superiori chiuse fino al 31 gennaio». In Veneto oggi 1.686 casi e 50 morti»

Avvocato il 2020 cosa ci ha lasciato in eredità, solo brutture? «Il 2020 è stato l’anno di una nuova comunicazione di fronte alla quale, spesso, abbiamo reagito con la perplessità di Checco Zalone, chiedendoci appunto “è del mestiere questo?”, è stato l’anno dell’interpretazione provvisoria o improvvisata di decreti, dati e grafici, è stato l’anno della notizia a tutte le ore, senza soluzione di continuità tra televisioni, giornali, social network. Inutile negare - prosegue - che l’iperproduzione di informazioni anziché aiutarci ad affrontare l’emergenza sanitaria ci abbia complicato la vita, aggiungendo confusione al senso di smarrimento, isolamento ed abbandono nel quale ci siamo trovati nostro malgrado: altrimenti detta infodemia, è stata l’altra faccia della pandemia». Questo vulcano eruttivo ha spiazzato tutti al di là di culture, lauree, conto in banca, estrazioni sociali. «I comuni cittadini, l’uomo medio, il laureato all’università della strada, nessuno di questi era pronto ad affrontare un evento di tale portata, figurarsi ad elaborare la massa di notizie che questo evento globale avrebbe prodotto. Il Covid-19 ha imposto una presa di coscienza, individuale e collettiva, attraverso un’esposizione mediatica che ha coinvolto politici, giornalisti, medici, cittadini». Non eravamo preparati, ci siamo forgiati?
«Il Sistema Italia - argomenta la Storelli - fino a quel momento praticato è stato sospeso e tutte le attività di Governo, o quasi, si sono concentrate nella gestione della crisi.

I giornalisti hanno presidiato la comunicazione con aggiornamenti diffusi e ripetuti. I medici sono entrati loro malgrado nell’olimpo degli influencer (e scusate se è poco) e le loro dichiarazioni sono diventate dei veri e propri trend topic tali da dividere i cittadini in hater e follower. In tuta o in pigiama, accomodati sui nostri divani, per mesi non abbiamo fatto altro che aspettare la lievitazione del pane assieme al bollettino della Protezione Civile, ad ascoltare il webinar sull’ultimo dpcm o sul bonus mobilità, a condividere la diretta facebook del premier Conte: dapprima partecipi, poi mesti e rassegnati, di nuovo critici, infine incazzati, in ogni caso sempre più confusi». Abbiamo vissuto, speriamo di non doverlo ripetere, una condizione surreale che è diventata normalità, ma sospesa perchè facendo zapping si apprendeva dal virologo tizio che saremmo tornati alla routine in tempi ragionevoli, mentre Caio la buttava sul tragico. «Il nostro disorientamento non è stato semplicemente aggravato dalla circolazione di una quantità eccessiva di informazioni ma, soprattutto, dal fatto che questa si accompagnasse - talvolta ma non sempre - a trascuratezza, superficialità o inaffidabilità delle fonti, con la conseguenza che la maggior parte delle persone si è trovata sempre più indifesa di fronte alla diffusione di messaggi incoerenti e contraddittori, nonostante la chiarezza degli interrogativi».

Vaccino, posso fare la seconda dose con siero differente dal primo?


Ci siamo posti e continuiamo a farlo, molti interrogativi, suggerisce l’avvocato che più del diritto e del codice, interpreta la nostra (nuova) vita quotidiana. Ma il coronavirus è (o era) come un’influenza? Posso uscire di casa? Com’è possibile che il virus abbia potuto propagarsi indisturbato? Posso frequentare amici e parenti? Per quanto tempo il virus vive sulle superfici? Posso fare sport all’aperto? Si può trasmettere il virus da animali a persone? Quando potrò tornare a scuola? Posso andare a trovare mia madre nella rsa? I bambini possono contrarre il virus? Sono separato, posso andare a trovare i miei figli minorenni? Un asintomatico deve fare la quarantena? È possibile l’utilizzo di automobili tra persone non conviventi? Il datore di lavoro è tenuto a fornire a tutti i lavoratori la strumentazione necessaria a svolgere la prestazione in modalità agile?
«Molti si sono interrogati sull’origine di tale problema di comunicazione - discetta la Storelli -: per alcuni risiede nella globalizzazione delle fonti, nella liberalizzazione dei canali, per altri nell’accessibilità ai dati da parte di chiunque, nella possibilità di quel chiunque di condividerli. Paiono tutti concordare sull’inefficienza dei controlli a monte della filiera comunicativa, il che non vuol dire invocare una limitazione della libertà di espressione ma tutela dell’informazione, della salute, della vita e della ricerca scientifica. Troppi numeri, troppe nozioni tecniche sono giunte a noi senza un adeguato filtro e noi, a nostra volta, abbiamo contribuito alla loro divulgazione, riversandoli sui nostri canali di comunicazione così da alimentare un ecosistema di fake news e di incertezza». Già involontariamente siamp diventati anche noi divulgatori della linfodemia.
«Naturalmente, non tutta l’informazione è stata selvaggia ma la mole di dati è stata di tale consistenza e dal ritmo così incalzante da non lasciare spazio né tempo per riflessioni, interpretazioni e selezioni. Se da una parte, abbiamo accolto nelle nostre case i vari Galli, Bassetti, Pregliasco, Zangrillo e abbiamo considerato familiare la loro voce, dall’altra parte abbiamo pagato il prezzo della sovrabbondanza di contenuti che questa pandemia ha portato con sé». Le prime conclusioni?
La prima. «La nostra vita è stata profondamente condizionata, i nostri equilibri scomposti, al punto tale che non eravamo più in grado di valutare le più semplici azioni quotidiane, come una corsa al parco, buttare la spazzatura, starnutire o salutare un amico, senza chiederci se, come e dove fosse il Nemico Invisibile in quel preciso momento. L’emergenza non è stata solo sanitaria ma anche economica e, soprattutto, emotiva e psicologica. Travolti da protocolli, raccomandazioni e consigli, abbiamo perso il controllo della nostra quotidianità e, nell’urgenza di contrastare il virus, abbiamo attraversato la fase della negazione, dello sbigottimento, della paura, della rabbia, del complotto, della cieca rivendicazione». Tutto vero perchè le abbiamo provate tutte. Che dire?
«Ci siamo affacciati ai balconi, abbiamo cantato. Siamo scesi per strada e ci siamo messi in coda per comprare il lievito di birra. Abbiamo consumato migliaia di giga, alla ricerca di forme di avvicinamento emotivo che compensassero il distanziamento sociale. Ci siamo interrogati sui nostri legami, abbiamo riformulato il concetto stesso di solitudine, rivalutato le chiacchiere davanti alla macchinetta del caffè in ufficio, provato nostalgia persino della conoscente pettegola. Ci siamo scoperti runner e pizzaioli, economisti e miscredenti.
Profeti e profani, abbiamo spacciato informazioni, aggiornamenti, studi, statistiche, nell’unico intento di esorcizzare il virus, la morte, la paura di non uscire dal tunnel della pandemia. Questo 2020 beffardo e surreale ci ha uniti nel senso di precarietà, tutti all’ombra di un arcobaleno disegnato a mano libera, e ci ha divisi nell’accesso alle risorse, esasperando le differenze sociali ed economiche». Storelli ci fornisce una dotta interpretazione della nostra nuova vita, condendola anche con l’ironia: Ci eravamo detti #celafaremo, è già tanto che #celafaromolo». E con questa agevole battuta introduce il nostro presente e futuro con il salvagente-antidoto del vaccino.
«Un anno è passato e, tra innumerevoli incertezze e una legittima cautela, abbiano dato il benvenuto al 2021.
Abbiamo impiegato il nostro dicembre a chiederci se quel giorno fossimo in zona gialla, arancio o rossa. Se potessimo consumare una cena in albergo a dispetto dei colori assegnati dal decreto, se bastasse a tal fine prenotare il pernottamento. Se fosse possibile fare una tavolata tra amici in casa. Se accompagnare il figlio al nido sito in un Comune diverso da quello di residenza fosse una comprovata necessità. Se la didattica in presenza non fosse meno pericolosa degli assembramenti sul pendolino. Se potessimo ricongiungerci ai nostri familiari fuori regione, purchè partendo prima del 21. Se dovessimo collocare nel nostro Presepe il Bambin Gesù allo scoccare delle ore 22.00 della Vigilia anziché aspettare le canoniche 00.00». 
Sono state vacanze così terribili? «Chi può dirlo! Sono state in linea con il mood dei mesi che le hanno precedute, ma con questo non mi azzarderei a ripetere l’esperimento. Ora è il turno del vaccino, dell’antivirus, della variante inglese, delle dosi che arrivano in Italia con la scorta delle Forze dell’Ordine, degli effetti collaterali, del piano che Arcuri non ha, di bugiardi e bugiardini, di 5G e burattini. 
Ancora una volta, dovremo accogliere e smistare una quantità imponente di informazioni al riguardo e pochi mesi di allenamento non ci hanno reso dei professionisti», questa è una verità, pur credendoci degli esperti, abbiamo ancora tanto da imparare..
«Ci arriviamo stremati e disillusi, ogni bollettino è un sospiro di preoccupazione, ogni Gazzetta Ufficiale è uno scuotere di testa, abbiamo iniziato a dare segnali di chiusura ed insofferenza verso tutto ciò che non rappresenta una soluzione.
Chissà se siamo diventati migliori o più consapevoli oppure siamo talmente stanchi che neppure il più fantasioso dei negazionisti riuscirebbe a persuaderci.
Quel che rimane - e non è poco - è che la fiducia non ci manca, al 2021 non ci rinunciamo mica noi, anche quando usciamo due alla volta per raggiungere i nostri familiari a Natale, Capodanno o all’Epifania, manco fossimo sull’arca di Noè, gli stessi che salutiamo non oltre le ore 22.00 per poi disperderci nel buio dell’inverno manco fossimo la Banda Bassotti, persino quando ci rechiamo al bar sotto casa e ordiniamo il caffè da asporto tutti i santi giorni arancioni e sorridiamo d’intesa attraverso la mascherina coordinata al cappotto, anche se in fondo il caffè non è che ci sia mai piaciuto granchè». In conclusione, cosa ci aspetta? «Abbiamo detto sì al contagio, purchè si tratti di valori. E allora ricominciamo da dove ci eravamo interrotti, diversi ma coerenti, solidali nel cambiamento. Fino al prossimo dpcm».

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA