Autonomia, Alessio D'Amato: «No a un Nord pigliatutto, Roma va salvaguardata»

Il candidato Pd alla presidenza del Lazio: «L’autonomia impoverisce la Capitale, così si fa un danno a tutto il Paese»

Alessio D'Amato: «No a un Nord pigliatutto, Roma va salvaguardata»
di Andrea Bassi
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Sabato 17 Dicembre 2022, 23:59 - Ultimo aggiornamento: 18 Dicembre, 00:15

Alessio D’Amato, assessore alla Sanità della Regione Lazio e candidato alla Presidenza per il Pd, lei in questi giorni ha usato parole molto dure sul progetto autonomista di Roberto Calderoli, mettendo in luce soprattutto i rischi per la Capitale. Qual è la sua idea?
 

«Il destino di Roma preoccupa. Nel momento in cui si tende a dividere e non a unire emergono disomogeneità. Con un disegno non organico si rischia di fare danni. E la Capitale potrebbe pagare il prezzo più alto». 
 

Quale prezzo?
 

«Parliamoci chiaro. C’è un tentativo dei poteri del Nord di togliere prerogative, funzioni, e competenze a Roma Capitale. Non è un fatto nuovo». 
 

È una storia che si ripete?
 

«I tentativi nel corso degli anni sono stati diversi, e hanno riguardato settori produttivi importanti. Penso al trasferimento al Nord di grandi asset strategici sulle telecomunicazioni o alla finanza. C’è una tendenza dei grandi poteri del Nord a impoverire Roma, desertificarla. E questo è un danno, perché se si impoverisce la Capitale si impoverisce il Paese». 
 

Roma ha una sua forza economica oltre che amministrativa?
 

«Certo.

Qui ci sono i maggiori flussi turistici con il maggiore aeroporto internazionale italiano. C’è un’industria farmaceutica fiorente, abbiamo i più importanti investimenti sulle ricerche e sulle tecnologie».

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Svuotare i ministeri di competenze e persone avrebbe impatto sulla città?
 

«Pensare di trasferire al Nord ministeri impoverendo il tessuto del piccolo commercio e dell’artigianato della nostra città è un errore strategico». 
 

C’è anche un altro effetto che preoccupa. Roma come capitale amministrativa dovrebbe essere terminale delle candidature per ospitare grandi eventi e sedi di organismi internazionali. In realtà c’è una grande competizione tra le città italiane. L’autonomia non rischia di esacerbarla?
 

«Assolutamente sì. Tutte le grandi città europee che sono capitali dei loro Paesi hanno un diritto riconosciuto ad essere sedi di queste attività. Da noi questo stenta ad avvenire».
 

Come mai?
 

«Perché ci sono dei settori del Nord che hanno un’idea sbagliata. Ritengono che crescendo loro si può crescere tutti assieme».
 

La vecchia retorica della locomotiva?
 

«Sì, ma in realtà non è così. Perché o siamo uniti oppure rischiamo di aumentare le distanze tra chi sta più avanti e chi resta più indietro. Complessivamente il sistema Paese così non cresce. Far crescere l’intera Nazione passa per la ricchezza della Capitale. È stato così in tutte le capitali europee ed è così anche a Roma».
 

Torniamo al progetto Calderoli. È possibile che l’autonomia sia costruita alla “carte”, un menù da cui scegliere le portate come aveva detto il governatore Luca Zaia?
 

«No, questo è sbagliato. Ed è sbagliato soprattutto in alcune materie strategiche come il settore della scuola e della formazione. Soprattutto è sbagliato pensare di usare un pezzo della fiscalità per favorire questo percorso di autonomia differenziata. Questo vorrebbe dire che chi sta avanti continuerà ad andare avanti, e chi sta indietro sarebbe condannato a rimanere indietro. Non è un caso che questo progetto sia spinto sempre dagli stessi». 
 

Gli stessi?
 

«Esponenti della Lega e degli interessi del Nord. Non voglio demonizzare l’autonomia, ma c’è una visione che non riguarda l’intero sviluppo del Paese. Riguarda la difesa, legittima, di interessi particolari che però sono interessi del Nord. Mi auguro che ci sia una riflessione forte nel governo e mi auguro che il premier Giorgia Meloni, che è di Roma, possa intervenire e bloccare questa riforma».
 

In realtà Calderoli intende portare a compimento il progetto entro la fine del prossimo anno. Per farlo intende procedere con una legge Quadro e dei Dpcm, come se l’autonomia fosse un’emergenza nazionale come la pandemia. L’impressione continua ad essere che la discussione parlamentare sia un intralcio?
 

«Queste decisioni non possono essere prese senza un ampio confronto parlamentare. Questa idea di autonomia, che deriva dagli ideologi della Lega a partire da Gianfranco Miglio, credo che ormai sia desueta e superata. Oggi il tema non è dividere in piccoli pezzi il Paese, ma far contare di più il nostro Paese nei confronti dell’Europa. Mi permetta di fare solo un piccolo esempio».
 

Prego.
 

«Mi auguro che prima o poi la guerra in Ucraina terminerà. E mi auguro che ciò avvenga presto. Ma qualora ciò avvenisse, si aprirà tutta una nuova fase che riguarda la ricostruzione del Paese. È una grande questione che riguarderà tutta l’Europa. Per cui il tema oggi è: l’Italia e il suo sistema produttivo sono pronti a favorire questa grande ricostruzione? Pensare di affrontare temi di questa portata dividendo il Paese in piccoli regionalismi e in tanti piccoli egoismi, credo non aiuti il sistema produttivo del nostro Paese».

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