Clochard diventa infermiere a Teramo: «Mi credevo inutile, ora combatto il virus»

Clochard diventa infermiere a Teramo: «Mi credevo inutile, ora combatto il virus»
di Teodora Poeta
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Lunedì 30 Novembre 2020, 00:38 - Ultimo aggiornamento: 15:14

Clochard diventa infermiere grazie all’aiuto di altri infermieri a Teramo. E ora spera di assistere al meglio i malati di Covid. Il giorno dopo la laurea con 110 e lode, il teramano di 22 anni ha voluto raccontare la sua drammatica storia: un’adolescenza difficile, la scelta a vent’anni di andare via di casa per vivere in auto e la forza per continuare a studiare grazie alle persone incrociate lungo la sua strada. «Sono stato cresciuto dai miei nonni, con un papà violento e senza la presenza materna – racconta -. Da bambino ho subito atti di bullismo. Ero sempre solo e chiuso in me stesso. A 15 anni mi sentivo ripetere che ero stupido».


“La scintilla”, come lui la chiama, è scoccata quando intorno a 16 anni ha ripreso i rapporti con quello che è diventato il suo migliore amico: «E’ stato lui a spronarmi e a farmi capire che non ero un inutile come pensavo.

Ed è così che ho iniziato ad avvicinarmi al mondo del volontariato, nella Croce bianca, anche se all’epoca volevo fare il Vigile del fuoco».

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DESTINO
Ma il suo destino gli ha riservato altro. «A vent’anni le cose a casa proprio non andavano bene e così me ne sono andato. Per due settimane ho dormito in auto. La prima notte sono stato benissimo. Era stata una mia scelta. Avevo finalmente la mente libera. Gli infermieri dell’ospedale Mazzini di Teramo, che ormai conoscevo, mi offrivano la colazione, il pranzo e la cena. Tutto, in maniera spontanea, senza organizzare collette». Dopo due settimane si è fatta avanti una coppia di infermieri, marito e moglie con un figlio, che nel frattempo era venuta a conoscenza di questa storia e lo hanno accolto a casa loro fino alla laurea.

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Io avevo rifiutato diverse proposte da parte dei miei amici, ma quel giorno era “scritto” che avrei dovuto accettare di farmi aiutare da loro – racconta -. Sono stato lì un anno, mi hanno trattato come un figlio e mi hanno fatto sentire con quei piccoli gesti giornalieri a casa, mi hanno fatto sentire in famiglia, quella famiglia con il valore che tanto cercavo: l’amore». In fin dei conti quello che si meritava sin da bambino. «Io voglio dire a tutti di avere sempre riconoscenza per i valori umani di solidarietà e amore, dobbiamo volerci bene. Io non penso di essere stato più sfortunato di altri – tiene a precisare -, ma ho incontrato tante persone che mi hanno aiutato e senza di loro non ce l’avrei fatta».


Per sopravvivere nel periodo in cui era costretto a stare in auto, suonava nella banda per 30 euro e faceva le notti di assistenza in ospedale. E’ in questo modo che riusciva a racimolare i soldi necessari per i libri e tutte le altre necessità, mentre per il cibo ci pensavano gli amici.


IL CAMBIAMENTO
La sua vita, oggi, è completamente cambiata. L’adolescenza difficile è un ricordo che lo ha, sì, segnato, «ma mi è servita a diventare quello che sono», dice. Adesso si è trasferito a Roma. Anche lì ha trovato altra solidarietà da parte di altri infermieri. In una casa libera dov’è stato ospitato aveva chiesto di poter pagare almeno le bollette per potersi sdebitare in qualche modo, «ma non mi è stato concesso». «Spero – prosegue - che tutti coloro che stanno vivendo una brutta situazione abbiano qualcuno su cui contare. Spero che non perdano mai la speranza e che la mia storia possa essere d’esempio a tante persone perché a volte basta anche un piccolo gesto o un buongiorno col sorriso per non far sentire soli». Parole che dette a 22 anni colpiscono particolarmente. «Io rifarei tutto quello che mi è successo – ammette senza remore – perché è grazie al mio passato che ho conosciuto tutti gli amici che ho oggi».
 

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