L'autista Atm di Milano: «Guadagno meno di 1.500 euro dopo 15 anni sui bus, capisco i giovani che si rifiutano»

Il racconto di Alberto Magni, 41 anni: "Qui si può lavorare anche 12-14 ore"

L'autista Atm di Milano: «Guadagno meno di 1.500 euro dopo 15 anni sui bus, capisco i giovani che si rifiutano»
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Sabato 23 Dicembre 2023, 09:23 - Ultimo aggiornamento: 24 Dicembre, 17:01

La fatica, la passione, la busta paga. Storia di un autista di bus a Milano. «Io amo il mio lavoro, non lo cambierei, e sono anche contento di lavorare in un’azienda che non ti lascia mai solo. Però capisco i motivi che tengono tanti giovani lontani guida di un autobus». Alberto Magni ha 41 anni, due figli, e già tanti anni di volante alle spalle. Ha molto entusiasmo quando parla del suo mestiere di conducente d’autobus, e anche dell’Atm. Racconta la sua vita a Il Corriere della Sera.

Magni da quanti anni guida? «Praticamente da quando ho 18 anni, subito dopo aver preso la patente B ho iniziato studiare per i livelli successivi e intanto guidavo i bus per i disabili. Poi ho fatto un po’ di trasporto merci e quindi sono passato a guidare i pullman interurbani dell’Atinom, nel Magentino, e da lì sono riuscito finalmente a passare in Atm». Perché finalmente? «Perché per me, lavoratore e appassionato del settore, era un traguardo. Anche in questa fase di crisi del trasporto pubblico, questa resta una bella azienda, che non lascia mai solo chi è per strada alla guida di un mezzo, grazie all’organizzazione e anche grazie alle tecnologie».

Però non mancano le lamentele e anche le proteste da parte dei suoi colleghi e da qualche tempo l’Atm, come le altre aziende di trasporto pubblico, sta facendo fatica a trovare nuovi conducenti.

«Lo so e non mi stupisco.

Perché in questo settore i problemi ci sono, eccome. E per chi, magari non ha la mia stessa passione possono essere buoni motivi per starne alla larga».

Per esempio quali?

«Innanzitutto, è inutile girarci intorno, c’è una questione economica. Io alla fine delle mie giornate sono contento di aver contribuito a offrire un servizio alle persone, però nessuno lavora per la gloria. E le buste paga del mio settore non sono cresciute molto negli ultimi anni. Le dico solo che io nel 2008 prendevo 1.349 euro al mese e oggi ne prendo 1.484. Un aumento di 137 euro in 15 anni non mi sembra un granché. Perché gli scatti di anzianità aziendale arrivano ogni otto anni e io, ahimè, non ho fatto in tempo a riceverli perché ho cambiato. Però ho sentito di alcune aziende che per attirare autisti stanno riconoscendo i parametri di anzianità anche ai nuovi assunti».

Però insiste nel dire che le piace stare dove sta?

«Allora, io sono una persona tendenzialmente positiva, poi come le ho già detto amo davvero il mio lavoro, uscire al mattino o alla sera per andare a prendere servizio non mi pesa, quindi mi faccio andare bene tutte queste cose perché l’alternativa sarebbe cambiare mestiere. L’Atm adotta il contratto nazionale, quindi la questione nasce lì. Dopodiché non ho le bende sugli occhi e mi rendo perfettamente conto che per questo scenario possa essere spaventoso o quantomeno poco incoraggiante per chi si affaccia sul nostro mondo».

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Oltre al reddito, quali sono le altre questioni che allontanano i giovani?

«I turni e l’impegno complessivo nella giornata. Cioè, oltre al fatto che le tabelle prevedono che tu debba a volte prendere servizio alle prime ore del mattino, quando fuori è ancora buio, oppure nel cuore della notte, c’è da considerare che complessivamente si può rimanere impegnati per 12-14 ore in una stessa giornata. Anche perché non è che si inizia e si finisce sempre in rimessa, anzi può darsi che il cambio avvenga lungo la linea, quindi prima o dopo c’è il trasferimento al punto in cui hai lasciato la tua auto o comunque per tornare a casa. E per chi abita fuori Milano, come me, non sono tempi brevi, soprattutto in certi orari estremi. E durante i primi tempi devi essere sempre disponibile, quindi non sei nemmeno in condizione di organizzarti il tempo libero».

A proposito, è vero che anche voi conducenti dovete pagare il parcheggio quando lasciate l’auto nei parcheggi vicini alle stazioni o alle rimesse?

«Sì, è vero, non paghiamo i mezzi di trasporto ma il parcheggio sì. E per qualche busta paga, nell’arco di un mese, è una spesa che si sente. Guardi, io non mi lamento, mi viene comodo tornare a casa a pranzo, vedere i miei figli e allora non sto lì a guardare le spese di trasferimento, però sono testimone del fatto che alcuni colleghi che prima parlavano di “Mamma Atm” adesso sembrano molto risentiti per queste piccole cose. Senza contare un tempo appartenere alla categoria degli autoferrotranvieri rendeva i lavoratori orgogliosi, oggi invece rischia di prendersi gli insulti se non addirittura le mani addosso».

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Quindi per i giovani il problema sta nella combinazione tra salari e turni?

«Sì, queste sono le voci più pesanti, ma pesano anche lo stress, la pressione che si percepisce negli ultimi tempi da parte dell’utenza, sempre più arrabbiata, e poi non dimentichiamo che per arrivare ad avere i tioli per guidare un autobus si spendono un sacco di soldi. Bisogna fare la patente D, la E, poi la Carta di qualificazione del conducente, e tutto l’iter può costare circa duemila euro. E allora torniamo al punto uno: se ci fossero quei 100-200 euro in più in busta paga, magari più gente sarebbe disposta a passare sopra a tanti aspetti che possono scoraggiare».

Insomma, queste cose spaventano e tengono lontani molti potenziali nuovi conducenti, ma per lei non sono un problema?

«Non è che io non veda i problemi e le difficoltà, però finché ci posso stare mi godo un lavoro che mi piace e che mi fa sentire socialmente utile: noi facciamo muovere una città come Milano, che prima mi faceva paura e adesso è anche un po’ mia, mi piace guardare la gente, avere contatto. Confesso che a volte mi capita di soffermarmi su certi volti e nella mia testa inizio a immaginare dove stiano andando quelle persone, chi le aspetta, cosa faranno… È bello stare tra la gente».

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