Il gup Elio Bongrazio, nell’ambito dello stesso procedimento, ha rinviato a giudizio anche C.C.i, 51 anni, titolare del bistrot Martina Cafè di Montesilvano, uno dei due locali che riceveva le visite dell’appuntato. Questo perché, come previsto dal codice penale in riferimento al reato di induzione indebita, è punibile anche chi dà o promette danaro o altra utilità. Per le stesse ragioni era stato chiesto il rinvio a giudizio di A.D.N., 28 anni, proprietario del ristorante Margherita di Montesilvano, altro locale selezionato da S.B., ma la sua posizione è stata definita con la sospensione del procedimento e la concessione di 9 mesi di messa alla prova.
I fatti contestati risalgono ad un periodo compreso tra il 2015 e il 2017. Sulla base di quanto ricostruito dall’accusa, S.B, si recava nei due esercizi commerciali «indossando la divisa, durante l’orario di servizio, con la macchina con i colori di istituto, a prelevare cibi e bevande da asporto – si legge nel capo d’imputazione - senza corrispondere il relativo prezzo, inducendo i titolari ad effettuare gratuitamente le relative consegne, paventando tacitamente eventuali ripercussioni (controlli) sulla loro attività commerciale, in ragione della propria qualifica professionale e del luogo ove tale ufficio veniva svolto».
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