Prezzi, Urso: «L’allarme è alto, ora si deve intervenire. Nel mirino distorsioni e approfittatori»

Il ministro: «Vinta la battaglia sul gas nel mirino distorsioni e approfittatori»

Adolfo Urso
di Umberto Mancini
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Lunedì 3 Luglio 2023, 01:03 - Ultimo aggiornamento: 07:04

«L’allarme sui prezzi resta alto perché l’inflazione è il nostro principale problema, abbiamo vinto la battaglia madre contro gli speculatori in campo energetico, ora chiediamo alla Bce più cautela sui tassi perché c’è il rischio recessione». Tiene alta la guardia Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, convinto che, oggi più che mai, vadano tutelate le fasce più deboli della popolazione.


Ministro, sul fronte dell’inflazione ci sono timidi segnali di rallentamento anche se in alcuni settori, specialmente in quello alimentare, emergono ancora spinte speculative: come pensate di contrastarle? 
«Abbiamo vinto la “battaglia madre” contro gli speculatori nel campo energetico imponendo all’Europa, allora riluttante, il “price cap” sul gas: da allora il prezzo è crollato tornando ai livelli pre conflitto ucraino, a dimostrazione che la nostra posizione era giusta ed efficace.

Ora chiediamo più cautela alla Bce perché la Germania e l’Olanda sono già in recessione e rischiano di contagiare l’intero Continente».


La Bce ha parlato esplicitamente del fatto che molte aziende ribaltano sui consumatori finali l’aumento del costo del denaro, soffiando sui prezzi, come intervenire? 
«Lo abbiamo fatto già con il “decreto trasparenza” sui carburanti in cui abbiamo anche rafforzato i poteri del “garante dei prezzi” con la istituzione del “Comitato di allerta rapida” che in queste settimane è stato più volte convocato prima sulla pasta, poi sui prodotti per l’infanzia, quindi su ortaggi e verdure, evidenziando quel che accade lungo tutta la filiera e denunciando fenomeni distorsivi e eventuali approfittatori». 


C’è poi il tema caldissimo del caro biglietti aerei, una corsa che sembra inarrestabile?
«Sempre su questo fronte ho dato mandato al Garante di convocare il tavolo sul “caro voli” che si terrà martedì al ministero, dove abbiamo convocato le più importanti compagnie aeree per avere delle risposte sui rincari delle tratte nazionali in questo periodo, cui in alcuni casi ci paiono molto penalizzanti nei confronti dei consumatori. L’allarme resta alto perché l’inflazione è il nostro principale problema. Anche per questo abbiamo concentrato le misure a sostegno dei ceti più deboli, sia con il taglio del cuneo fiscale e il fringe benefict, sia con la social card, rivolta proprio a quelle fasce più basse che vogliamo sostenere».


Ma la Bce dovrebbe porre fine alla stretta già a luglio? 
«L’aumento dei tassi ha bloccato gli investimenti delle imprese e pesa sulle famiglie più deboli, in molti casi i mutui diventano insostenibili. Si rischia che il paziente non sopravviva alla medicina. Ci vuole prudenza e misure commisurate». 


Dal consiglio Ue è uscito un rafforzamento delle idee italiane per aumentare la competitività delle aziende italiane ed europee?
«La nostra posizione forte e chiara ha cambiato il clima in Europa, come dimostrano sia le ultime votazioni nel Parlamento europeo, dove si è costituita una inedita e significativa alleanza tra popolari e conservatori, sia nelle posizioni espresse dai Paesi nei confronti dei dossier della Commissione: abbiamo imposto la nostra agenda sull’ecodesign e bloccato il regolamento sul cosiddetto Euro 7, dopo aver salvato il motore endotermico e aperto la strada al biocombustibile».


Ma la Meloni non è riuscita stavolta a convincere Polacchi e Ungheresi sulla redistribuzione dei migranti in Europa.
«Il presidente Meloni è riuscita a convincere l’Europa sul concetto di “frontiere esterne” e sul partenariato strategico euromediterraneo, a cominciare dalla Tunisia. In ogni caso la redistribuzione è passata anche se con la riserva di Varsavia e Budapest. Il fatto stesso che il presidente Michel abbia chiesto proprio a Meloni di mediare con Orban e Morawiecki dimostra che attribuisce proprio a lei questa leadership».


La Ue sta cambiando paradigma sul green deal, mettendo da parte ideologismi ed estremismi? 
«Ogni giorno di più e nella direzione da noi indicata. Anche perché la nostra posizione è frutto del buon senso, difende gli interessi del lavoro e della produzione, coniuga le esigenze della transizione ambientale, che tutti condividiamo, con le potenzialità del sistema sociale europeo. Questo si nota anche nella politica industriale: finalmente è passato anche il “fondo per la sovranità” europeo, che si coniuga con il fondo strategico per il Made in Italy».


Di questo avete parlato al vertice di Berlino con il vice cancelliere Habeck e il suo collega Le Maire?
«Sì, anche di questo. Anche la Germania si doterà di uno strumento simile al nostro, così che potremo agire insieme a sostenere le nostre imprese». 


Qualcuno ha parlato di una svolta.
«Sì, in effetti lo è. Siamo passati da una Europa in cui le decisioni venivano prese dall’asse franco-tedesco, come ridefinito dal Trattato di Aquisgrana, ad una Trilaterale sulla politica industriale in cui Roma, Parigi e Berlino definiscono posizioni comuni anche sui singoli dossier europei: dopo il vertice tedesco, ne seguirà uno a Roma in ottobre sulle tecnologie digitali e uno in Francia sulle tecnologie green. I tre grandi Paesi industriali, che sono anche i grandi paesi fondatori della Comunità, si ritrovano insieme per definire la politica comune europea sulla grande sfida della duplice transizione».


Bisogna tutelare i settori strategici italiani: automotive, siderurgia, e comparto elettrodomestici. Ci sono tanti nodi da sciogliere?
«I problemi non mancano, spesso conseguenza di decisioni sbagliate che noi contestammo negli anni passati. Siamo impegnati a recuperare con uno “Stato stratega” che finalmente delinei una politica industriale, in sede europea e nazionale. Siamo sulla strada giusta: in questi mesi il nostro PIL è cresciuto più di Francia e Germania, la Borsa di Milano ha fatto meglio di tutte le altre borse europee, l’occupazione ha raggiunto il massimo storico, secondo il fondo americano Blackstone l’Italia è oggi il Paese ideale dove investire in Europa, più coeso e stabile. Abbiamo smentito i profeti di sventura».

 

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