Non di tutta la plastica, ma in particolare di due sostanze che si trovano in tutte le case. Una è il Pcb-153, ovvero policlorobifenili la cui tossicità in realtà era già nota: accusati di favorire l'insorgere di tumori, malattie del fegato e altri disturbi gravi, tanto che la loro produzione è stata vietata già negli anni 70, ma la loro presenza è rimasta a lungo negli ambienti domestici, negli oggetti di plastica e in alcune componenti elettriche. L'altra è il di-2-etilesilftalato (Dehp), un materiale che si usa per rendere le plastiche più flessibili. I ricercatori di Nottingham hanno condotto la loro analisi soprattutto sui cani, e avvertono che i risultati ottenuti per ora vanno accolti con prudenza. Sta di fatto che sugli individui esaminati è stata riscontrata una diretta correlazione tra l'esposizione a queste plastiche e l'infertilità. In particolare, i cani sottoposti a un'esposizione alle sostanze chimiche analoga a quella che si trova oggi nell'ambiente in cui viviamo avevano spermatozoi molto meno mobili e con un Dna frammentato rispetto ai cani che invece sono stati fatti vivere completamente al riparo dalle plastiche incriminate.
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