La logica del referendum "pro o contro" Berlusconi ha prevalso anche stavolta, ma la stanchezza dell'elettorato rischia di produrre una valanga di astensioni e di gonfiare il bottino dei partiti "contro". La Lega è riuscita ancora una volta a far passare l'immagine di una forza di opposizione interna al governo. In questo modo mette assieme l'ovvia rendita che deriva dal gestire il potere, con il consenso scatenato su singole battaglie buone ancora da rivendicare, malgrado il Carroccio sia stato al governo in otto degli ultimi quindici anni. La competion tra Pdl e Lega è destinata quindi a riaccendersi se le urne forniranno nuovi equilibri di forza. E questo non solo perché già si è cominciato a parlare delle presidenze delle regioni Lombardia e Veneto, ma anche perchè Berlusconi ha alle spalle un partito che la confluenza di An rende geneticamente meno permeabile alle richieste leghiste.
Sul fronte opposto la leadership di Franceschini attende risposte decisive sulla stessa validità del progetto avviato a suo tempo da Romano Prodi con la nascita dell'Ulivo e proseguito poi da Walter Veltroni con il Pd. La soglia di sopravvivenza del principale partito d'opposizione è bel sotto il 33% delle ultime politiche, ma non è detto venga superata con facilità. L'appello al voto utile fatto ieri dal segretario del Pd - «noi unico e ultimo argine» al berlusconismo, punta a recuperare consensi nell'area della sinistra-radicale che difficilmente riusciranno a superare la soglia del 4%. Franceschini ha marcato in maniera stretta l'Idv di Di Pietro nel tentativo, si capirà presto quanto riuscito, di non lasciargli in mano il pallino dell'antiberlusconismo.
Tra qualche ore si comprenderà meglio anche il futuro dell'Udc. Fare opposizione dal centro non è facile, ma il contenitore può rappresentare un'attrazione per gli elettori che rifiutano uno schema bipolare che si regge sul pro o contro-Berlusconi.