Julianne Moore, madre folle nel remake di Carrie nelle sale dal 16 gennaio

Julianne Moore, madre folle nel remake di Carrie nelle sale dal 16 gennaio
di Gloria Satta
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Domenica 5 Gennaio 2014, 16:05 - Ultimo aggiornamento: 7 Gennaio, 01:22
Aggiornato al terzo millennio, torna nelle sale il 16 gennaio l’horror di culto Lo sguardo di Satana-Carrie. È la regista Kimberley Peirce (Boys don’t cry) a firmare il remake del celebre film di Brian De Palma, datato 1976 e ispirato al best seller di Stephen King. Protagoniste sono anche questa volta una ragazzina timida, presa di mira da tutti ma dotata di poteri devastanti, e la sua mamma-aguzzina, fanatica religiosa. Oggi, al posto di Sissy Spaceck, nel ruolo di Carrie c’è Chloë Grace Moretz, la giovanissima star di Kick-Ass. E Margareth, la madre fuori di testa (nella versione originale Piper Laurie), è interpretata da Julianne Moore, una delle attrici più versatili del cinema americano, 53 anni, quattro nomination all’Oscar e una Coppa Volpi vinta a Venezia per Lontano dal paradiso. Protagonista di tanti film d’autore (America oggi, Il grande Lebowski, Magnolia, Hannibal, The Hours, I figli degli uomini), sensuale o inquietante a seconda dei ruoli, la lentiggionsa Julianne è entrata con entusiasmo nel personaggio estremo di Margareth.



Cosa l’ha attratta in particolare?

«Ho trovato interessante esplorare il rapporto esclusivo tra le due protagoniste di Carrie e i pericoli che ne derivano».



Ha rivisto, prima delle riprese, il film di De Palma?

«Ho preferito evitarlo, pur essendo sempre stata una fan di quel cult e consapevole che molte sue immagini rimangono indelebili. Ma per interpretare Margareth mi sono basata esclusivamente sul racconto di King e sulla sua autobiografia intitolata On writing».



Cosa ha imparato?

«Ho scoperto che lo scrittore si è ispirato alla storia vera di due ragazze vissute nel Maine, dove lui è cresciuto. Erano poverissime e tenute ai margini della città dal fanatismo religioso dei genitori. Carrie è un libro dark e affascinante sugli effetti dell’isolamento sociale».



Nel suo film la giovane protagonista è vittima del cyberbullismo. La preoccupa questo fenomeno? «Ho un figlio di 16 anni e una ragazzina di 11 e non posso non preoccuparmi. Il bullismo sulla rete, protetto dall’anonimato, può diventare molto pericoloso. Spero che i miei figli continuino a confidarmi le loro ansie e le loro angosce. L’isolamento può creare seri danni... Ai tempi del liceo, io ero terrorizzata dallo slam book».



Cos’è?

«Una forma di bullismo pre-internet. Quando si prendeva di mira uno studente, si faceva girare un quaderno sul quale ognuno scriveva i commenti più feroci su di lui. Adesso lo slam book è proibito in tutte le scuole americane, ma le persecuzioni purtroppo continuano on line. E non riguardano solo i ragazzi ma anche gli adulti. Sono ovviamente a favore della libertà di parola, ognuno può dire quello che vuole ma non dovrebbe nascondersi dietro l’anonimato».



Il suo film può servire a mettere in guardia il pubblico?


«Di sicuro lo spinge a riflettere. Il cinema non determina la cultura del tempo ma la riflette».



Le piacciono gli horror?

«Moltissimo, è un genere che ho sempre apprezzato. Adoro sentirmi spaventata al cinema ma il bello di Carrie è che, paura a parte, ha un contenuto emotivo forte. Come tutti gli horror di qualità».



Di cosa ha paura nella vita?


«Non amo sciare né fare immersioni subacquee. Sono andata sulla neve per cinque anni con la famiglia, ma a un certo punto mi sono resa conto che lo sci mi terrorizzava. Quanto alle immersioni, sto provando a vincere la paura».
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