Valle del Sacco, c'è la prescrizione: l'amarezza di Retuvasa

La Valle del Sacco
di Annalisa Maggi
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Martedì 21 Giugno 2022, 08:31 - Ultimo aggiornamento: 08:36

Confermata la condanna per disastro ambientale nella Valle del Sacco, ma il reato cade in prescrizione. Si è tenuta venerdì, presso la Corte di Appello di Roma, l'udienza finale del secondo grado di giudizio per il disastro ambientale della Valle del Sacco causato dallo sversamento nel fiume che attraversa le province di Roma e Frosinone dei fusti interrati negli anni Settanta in una porzione della zona industriale di Colleferro. In primo grado il processo si era chiuso con la condanna a due anni dell'ex direttore di una Srl di Colleferro e il risarcimento delle parti civili, nelle diverse misure. Tra le parti civili anche la Rete per la Tutela della Valle del Sacco che analizza l'esito del procedimento appena giunto a conclusione: «Un processo travagliato passato anche in Corte Costituzionale e che dopo 13 anni dal suo inizio vede una conclusione che lascia l'amaro in bocca. Oggi viene confermata la condanna, ma il reato cade in prescrizione per decorrenza dei termini per effetto della legge ex Cirielli. Quindi nessun colpevole accertato giuridicamente e annullati i risarcimenti. Resta in piedi sottolinea Retuvasa - la possibilità di un ricorso alla Cassazione che valuteremo leggendo le motivazioni di questa ultima sentenza che verranno prodotte entro i novanta giorni dal pronunciamento». Il coordinamento delle associazioni ambientaliste della Valle del Sacco ha espresso la propria amarezza per l'esito del procedimento.
Retuvasa, inoltre, rivolge un «sentito ringraziamento alle forze dell'ordine che hanno portato avanti il loro lavoro con professionalità, serietà e dovere sociale e agli avvocati di parte civile che hanno seguito i cittadini. Questo come tanti altri simili procedimenti insistono gli ambientalisti di Retuvasa - dovrebbe indurre la politica parlamentare a prendere provvedimenti e far sì che la prescrizione dei reati sia idonea alla gravità dei fatti».
La sentenza di primo grado era stata pronunciata due anni fa dal Tribunale di Velletri.
Nella sentenza venivano elencati come punti principali del reato contestato l'avvelenamento delle acque del Sacco destinate all'irrigazione dei terreni circostanti e all'abbeveraggio dei bovini e ovini allevati a ridosso dell'alveo del fiume Sacco. Dopo diciassette anni dallo scoppio dell'emergenza della Valle del Sacco è arrivato il secondo grado di giudizio con prescrizione finale.
 

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