Si tatua per coprire le cicatrici delle operazioni, Erica: «Così ho amato di nuovo il mio corpo»

Uno dei tatuaggi di Erica
di Irene Mizzoni
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Giovedì 15 Aprile 2021, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Aprile, 08:41

Un tatuaggio non soltanto per coprire una cicatrice, ma per rinascere. Per rifiorire, ripartendo proprio da quel segno che fa parte di te e che a guardarlo per tanto tempo ha richiamato solo dolore. Per sentirsi di nuovo bella. L’esperienza di Erica Gabriele, giovane isolana che ha affrontato diversi interventi per un problema cardiaco sorto da bambina, è quella di una vera catarsi: dopo la sofferenza, rinascere e vivere.

Oggi Erica è una donna piena di vita, tenace, un animo gentile che la rendono speciale. È maestra, scrive poesie, da sempre è attiva per aiutare gli altri.

E vuole farlo ancora una volta, per quelle donne che come lei si sono trovate ad affrontare una malattia.

«È una iniziativa lodevole quella intrapresa di recente dalla Regione che ha stanziato un fondo per il tatuaggio medicale – spiega - Per chi ha subito ad esempio l’asportazione del seno – dice Erica - ha anche più valore, a livello intimo. Per una donna può creare disagio quella condizione e avere un tatuaggio contribuisce a formare un rapporto diverso col proprio corpo. Anche io quando mi guardo allo specchio… è bello vedere il tatuaggio. È diverso il rapporto col corpo e non è una cosa di frivolezza, legato all’estetica ma piuttosto al sentirsi donna».

Erica ha più di un tatuaggio. Due coprono alcune cicatrici. Uno è al centro del petto, l’altro è dietro la schiena.

«Li ho fatti nel 2016 – racconta – a distanza di pochi mesi. Dietro la schiena ho il volto di mia cugina Gloria, prematuramente scomparsa qualche anno fa. Sul petto ho dei fiori, quelli che tanto amava mia zia, la passiflora. Ho voluto coprire le cicatrici – dice - perché è un disagio a volte vederle. Spesso si è sottoposti a sguardi indiscreti, a domande, è imbarazzante. Il tatuaggio è una forma d’arte – spiega ancora Erica - Ho sempre pensato alla catarsi del dolore, a dare una nuova vita ripartendo proprio dalla cicatrice, coprire una immagine di dolore con una forma di arte, di bellezza, trasformarla in un’idea. Io era abituata ad avere le cicatrici, le ho avute fin da quando ero piccola, la prima operazione l’ho fatta a 3 anni; però per gli altri, gli sguardi della gente…L’ultimo intervento l’ho subito a 19 anni. Ho aspettato una tranquillità clinica per farli. L’idea di avere un tatuaggio per il lavoro che faccio potrebbe sembrare poco idoneo – aggiunge - però ai bambini piace».

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