Frosinone, operaio morto dopo il ricovero in ospedale: la Procura di ripensa e riapre l'inchiesta

Il palazzo di giustizia di Frosinone
di Marina Mingarelli
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Martedì 1 Settembre 2020, 09:57 - Ultimo aggiornamento: 2 Settembre, 10:20

La procura riapre il caso sulla morte di Mirco Cisbaglia, l’operaio di 38 anni residente a Torre Cajetani. Il sostituto procuratore Adolfo Coletta ha dato incarico al professore Saverio Potenza dell’università Tor Vergata di Roma di effettuare una ulteriore perizia. E non è escluso che possa richiedere anche la riesumazione della salma.

I fatti risalgono al 19 febbraio scorso quando, a causa di un dolore persistente al fianco e al torace, ed un ematoma molto esteso nella zona dolorante, l’operaio, sposato e padre di due bambini piccoli, era stato ricoverato presso l’ospedale di Frosinone. Ma il ricovero era durato soltanto poche ore, nel tardo pomeriggio dello stesso giorno l’uomo è spirato.

I familiari, tramite i legali Costantino Ambrosi, Daniele Mieli e Giuseppe De Luca, hanno presentato una denuncia querela contro ignoti per omicidio colposo.

I parenti si erano insospettivi perché un nefrologo del Pronto soccorso dello “Spaziani”, che aveva visitato il paziente sospettando una rabdomiolisi (una patologia scaturita dalla rottura di un muscolo che causa un aumento vertiginoso dei livelli di mioglobina nel sangue con conseguenza dello schock renale) aveva dato indicazioni ai colleghi circa la terapia da seguire.

Indicazioni però che, secondo quanto emerso dalla perizia del consulente di parte dottoressa Gagliardi dell’università La Sapienza di Roma, erano state disattese.


Il pubblico ministero aveva inizialmente richiesto l’archiviazione perché, secondo il medico legale che aveva eseguito l’autopsia, la vittima era affetta da una rarissima sindrome reattiva ai farmaci antidolorifici. Dunque si era trattato di un fatto inevitabile per il quale i sanitari del nosocomio frusinate non avrebbero avuto alcuna colpa. Ma i legali che rappresentano la famiglia del deceduto si sono opposti alla richiesta di archiviazione, dal momento secondo il proprio consulente .

Secondo la consulenza della dottoressa Gagliardi il decesso, visti i sintomi evidenti della patologia (la rabdomiolisi), poteva essere evitato se fosse stata intrapresa tempestivamente una terapia adeguata. La giusta terapia, addirittura, era stata suggerita dal nefrologo già subito dopo il ricovero del paziente, ma nessuno si sarebbe preoccupato di somministrare i farmaci giusti.

La documentazione presentata dai legali per opporsi alla archiviazione è stata ritenuta esaustiva al punto che il pubblico ministero ha deciso di riaprire il caso senza passare di nuovo per il giudice delle indagini preliminari.

Ora però l’ultima parola spetta al consulente nominato dalla Procura, il professore Saverio Potenza.

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