Omicidio del piccolo Gabriel, i giudici nelle motivazioni: «La madre lasciata sola dalle istituzioni»

Omicidio del piccolo Gabriel, i giudici nelle motivazioni: «La madre lasciata sola dalle istituzioni»
di Vincenzo Caramadre
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Giovedì 14 Aprile 2022, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 29 Aprile, 07:21

Donatella Di Bona, la madre 30enne rea confessa dell’omicidio del figlio, il piccolo Gabriel Feroleto di appena 26 mesi, condannata a 16 anni carcere nel corso della sua esistenza è stata lasciata sola dalle istituzioni. E’ senz’altro questo, il passaggio più importante delle motivazioni depositate dalla Corte d’assise d’appello di Roma che ha dimezzato la condanna di primo grado alla donna. Al centro della decisione è tornata la perizia psichiatrica redatta nel processo di primo grado che si è svolto con il rito abbreviato dinanzi Gup del Tribunale di Cassino. Si pongono in evidenza le carenze culturali, ma soprattutto sociali a causa della «mancanza di un punto di riferimento familiare ma anche istituzionale».

Scrivono i giudici d’appello: «Tra le righe della perizia emerge come alla Di Bona siano mancati i necessari interventi educativi, pedagogici e culturali, nonchè vere figure di riferimento che avrebbero potuto aiutarla nel suo processo di crescita personale». Messi in luce tutti gli aspetti. «Anche i rapporti familiari - si legge - non hanno avuto quegli effetti positivi che si sarebbe potuto aspettare, tenuto conto dell’evidente tentativo della Di Branco di influenzare il tenore delle dichiarazioni rese dalla figlia». I giudici hanno analizzato, dunque, l’intero percorso di vita di Donatella al fine di accogliere la richiesta della difesa, rappresentata dagli avvocati Lorenzo Prospero e Chiara Cucchi, per la concessione delle attenuanti generiche che, ritenute equivalenti alla aggravanti, hanno determinato lo sconto di pena e fatto si che la condanna di primo grado venisse dimezzata.

Ma l’elemento determinante è stata la piena confessione dopo alcuni cambia di versione.Il pomeriggio del 17 aprile 2019, giorno dell’omicidio, riferì ai carabinieri che il figlio era stato investito da un’auto pirata. Poi cambiò versione addossandosi tutte le responsabilità; infine tirò in ballo, nel corso di un interrogatorio fiume con il pubblico ministero, anche Nicola Feroleto, il padre naturale del bambino con il quale intratteneva una relazione. «E’ vero - scrive la Corte - che le sue dichiarazioni sono state altalenanti, ma non può non evidenziarsi come l’imputata abbia spontaneamente ammesso la propria responsabilità, segno evidente di una sua pressoché immediata resipiscenza, certamente meritevole di valutazione in questa sede».

Sull’influenza della madre, la corte scrive: «L’andamento altalenante delle sue dichiarazioni, più che una reale convenienza processuale, come indicato dal primo giudice, tale comportamento appare frutto dell’influenza materna».

Rimarcati, poi, i drammatici momenti di quel pomeriggio di aprile di tre anni fa. «Donatella Di Bona - concludono - ha insistito nel soffocamento del figlio per un tempo considerevole, nonostante la disperata resistenza opposta dal piccolo». Oltre a Donatella Di Bona per l’omicidio avvenuto tre anni fa a Piedimonte San Germano è stato condannato a 24 anni di carcere anche Nicola Feroleto. All’uomo è stato contestato di aver assistito, senza tentare di salvare il figlio, all’omicidio avvenuto in una zona di campagna, in località Volla, dove i due si erano appartati per consumare un rapporto sessuale. Il bambino che era con loro avrebbe iniziato a fare i capricci perché voleva ritornare a casa dalla donna e scattò la reazione della madre, con l’ostruzione contestuale, con una mano, naso e bocca fino ad ucciderlo. In primo grado il padre Nicola era stato condannato all’ergastolo, ma poi grazie alla previsione di legge che permette di patteggiare la pena anche in fase di appello, gli è stata ridotta a 24 anni di carcere. Per lui, assistito dall’avvocato Pasquale Cardillo Cupo, si è in attesa dell’udienza in Cassazione.

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