Vittorio Emanuele Parsi
Vittorio Emanuele Parsi

Dopo Versailles/ La potenza necessaria che l’Europa deve ritrovare

di Vittorio Emanuele Parsi
4 Minuti di Lettura
Domenica 13 Marzo 2022, 01:06

Come tutti i Vertici europei, anche quello straordinario tenutosi a Versailles negli scorsi giorni si può prestare a diverse letture. A me pare che nel futuro sarà ricordato come il “Vertice della consapevolezza”, la consapevolezza che, se vorrà sopravvivere libera all’interno dei suoi stessi confini, l’Unione Europea dovrà rapidamente porre rimedio alle sue fragilità strategiche. Detto in maniera molto semplice, occorre un deciso cambio di rotta che può partire solo dal riconoscimento che l’aver puntato per quasi tre decenni prevalentemente (se non quasi esclusivamente) sulla sistematica rimozione degli ostacoli alla concorrenza economica interna ha reso la navigazione del vascello europeo sempre più sbandata: un’andatura già di per sé pericolosa, che diventa però insostenibile a fronte del peggiorare delle condizioni circostanti. La guerra di aggressione all’Ucraina proditoriamente scatenata da Vladimir Putin, le continue minacce rivolte a chiunque osi frapporsi all’annichilimento della sovranità di quel Paese (tutti gli Stati-membri dell’Unione e della Nato) o provi a tutelarsi attraverso un avvicinamento alla Ue (Moldavia e Georgia) o alla Nato (Svezia e Finlandia) non lascia dubbi.

Se l’Unione e i suoi Stati-membri vogliono avere un futuro in cui la loro libertà, sovranità e autodeterminazione siano ancora garantiti, non potranno che porre rimedio, e molto rapidamente, alle proprie vulnerabilità militari, energetiche, sanitarie e sociali. Solo una volta che la propria sicurezza complessiva sia efficacemente raggiunta tornerà ad essere possibile il “sogno europeo”, quello cioè di contribuire a realizzare un mondo capace di “sostituire la forza della legge alla legge della forza”. Per proteggere il nostro stile di vita, le nostre democrazie e la nostra libertà non basterà più – non è mai bastato in realtà – essere il più grande spazio di libera concorrenza e neppure il più grande mercato unico al mondo e neppure una delle tre maggiori economie del pianeta, se restiamo alla mercé del ricatto di un Paese che ha un terzo della nostra popolazione, un decimo del nostro prodotto interno lordo, istituzioni politiche rozze e un’idea di futuro primitiva e raccapricciante.

Cullati nell’illusione che “stare dalla parte giusta della storia” fosse sufficiente per non essere ricacciati a forza in quel passato tremendamente sanguinoso che conoscevamo bene, e da cui proprio la costruzione europea ha voluto sottrarci, abbiamo trascurato troppe dimensioni della nostra sicurezza. In primo luogo quella militare e quella energetica, che oggi ci presentano il conto, pagato tragicamente da un popolo amico e fratello come quello ucraino, che guardava a noi come a un esempio e all’Unione come a una casa comune cui ricongiungersi.

È atroce assistere come anche a causa della nostra vulnerabilità strategica non siamo stati in grado di poter esercitare una pressione maggiore, non solo “su Putin e sulla Russia”, ma sull’ambiente, sul contesto nel quale la Russia di Putin – e ogni altro soggetto politico – si muove e così rendere più difficile una decisione come quella adottata 18 giorni fa dal Cremlino. Non siamo riusciti a modellare sufficientemente, a dar adeguatamente forma, al mondo in cui viviamo: per lo meno a quella porzione di mondo che chiamiamo Europa. Così facendo, abbiamo consentito che, a oltre 80 anni dal 1939, la guerra d’aggressione di uno Stato contro un suo vicino rifacesse la sua comparsa nel cuore del nostro continente: abbiamo lasciato che qualcuno potesse ancora pensare che il crimine paghi. La decisione dell’Unione di sostituire i due terzi delle forniture di gas russo entro la fine dell’anno è un passo di clamorosa importanza nella direzione della nostra sicurezza strategica, della riduzione del potere di ricatto russo e della volontà di riprendere a conformare il mondo in cui la Ue e i suoi Stati-membri vogliono vivere, ora e in futuro. Se si sommano le misure che mirano a realizzare l’indipendenza energetica, la sicurezza militare, quella sanitaria, e la transizione verde e digitale è facile cogliere come l’Europa che stiamo cercando di lasciare ai nostri figli sarà in tutto diversa rispetto a quella in cui viviamo, fuorché per i suoi valori: libertà, giustizia, pace. Valori che illuminano il futuro in cui crediamo e che vogliamo veder prevalere sulla barbarie del ritorno a un oscuro passato di tenebra.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA