Guido Boffo
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Dopo gli affetti stabili/ Le seconde case che il governo non sa definire

Dopo gli affetti stabili/ Le seconde case che il governo non sa definire
di Guido Boffo
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Martedì 19 Gennaio 2021, 00:29 - Ultimo aggiornamento: 08:13

In attesa che Giuseppe Conte realizzi se Palazzo Chigi rimarrà la sua prima casa, gli italiani non hanno ancora capito se nel prossimo weekend potranno raggiungere la loro seconda, di casa. Per la quale non serve una maggioranza, ma poche parole chiare, semplici, inequivocabili: è consentito, non è consentito. Va detto che la Repubblica fondata sulle faq sconta di per sé un peccato originale: la necessità di interpretare quello che dovrebbe essere già espresso in maniera comprensibile da norme scritte senza bizantinismi e omissioni, accessibili ai più (assumiamo come parametro un’istruzione media), immediatamente applicabili, senza lasciare il povero cittadino in buona fede nel dubbio di una sanzione kafkiana.

In questo caso, come si legge sul sito di Palazzo Chigi, le faq, alias frequently asked questions, alias le domande più frequenti, «sono attualmente in aggiornamento in seguito all’entrata in vigore dei citati decreti», che sarebbero il decreto del 14 gennaio seguito dal dpcm sempre del 14 gennaio, il primo recante «ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento e prevenzione dell’emergenza epidemiologica», etc.

E l’altro ulteriori misure urgenti. L’ulteriore è il metro del governo al tempo della pandemia, e probabilmente lo era anche prima, solo che adesso ha un ritmo vertiginoso, disorientante, e non solo perché facciamo fatica a stare dietro al maledetto virus, che se ne infischia dei dpcm. Gestire il Covid-19 è un compito enorme quanto ingrato, e logica vorrebbe che non ci si complicasse la vita, e soprattutto non la si complicasse agli italiani, su questioni decisamente meno trascendentali di un piano di vaccinazione di massa. Purtroppo, la logica è un programma vasto, forse troppo, per cui quello che dicono oggi, domani andrà precisato, e dopodomani corretto, e il quarto giorno reinterpretato.

Seconde case, circolare ai prefetti ma resta il mistero: poca chiarezza sui passaggi da zona rossa a gialla

Nel nostro caso, il quarto giorno il ministero dell’Interno ha diramato una circolare che avrebbe dovuto scrivere una parola fine sulla questione delle seconde case. Si legge: «...lo stesso decreto legge...da un lato conferma fino al 15 febbraio 2021 la previsione delle già vigenti limitazioni di spostamento tra regioni o province autonome diverse - con la consueta eccezione di quelli motivati da comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute, nonché dal rientro alla propria residenza, domicilio, abitazione...». Purtroppo a differenza delle faq in aggiornamento e quindi superate («Tranne le seconde case fuori dalla regione o dalla provincia autonoma», c’era scritto), qui di seconde case non si parla. Deduciamo, in linea con le famose fonti di palazzo Chigi, che dunque si possa sempre raggiungerle, proprio perché nessuno ci dice espressamente il contrario. Ma la dizione «luogo di abitazione» ci trascina in un anfratto inesplorato (persino dalle famose fonti di palazzo Chigi): l’immobile in affitto al mare, in montagna, in campagna, se fuori regione, rientra nei requisiti? E’ un luogo di abitazione? Se io laziale, in zona arancione, ho preso in locazione un appartamento in Toscana, che è zona gialla, potrò andarci? Dunque, le seconde case stanno in un limbo, con i loro inquilini.

Serviranno probabilmente le faq della circolare che spiega il dpcm, che contiene misure ulteriori rispetto al decreto legge. Come nella canzone di Branduardi. Anche se qui non è chiaro chi si mangia chi, se non la pazienza del cittadino. Che per carità, farebbe bene a starsene a casa, ma se può muoversi senza infrangere le regole, è giusto che lo sappia, non che lo indovini. Ed è francamente incomprensibile questa vaghezza, che innova il diritto (chi ha permesso che le faq diventassero una fonte primaria?) e il vocabolario. Poco meno di un anno fa sono scesi in campo esimi esegeti per spiegare cosa si intendesse per «congiunto», e non era questione di poco conto, perché avrebbe sdoganato le uscite di milioni di italiani dopo un lockdown rigidissimo. Si apprese dalle fonti di palazzo Chigi, che la parola magica comprendeva «parenti e affini, coniugi, conviventi, fidanzati stabili e affetti stabili». Affetti stabili, cioè tutto o niente. Quindi tutto?

Direte, sono alle prese con una crisi di governo, che può importargli di un cavillo? Non sanno nemmeno chi gestirà le prossime faq, se il Conte ter, o un governo di scopo o di larghissime intese. Sospettiamo che il punto sia un altro, che in Italia l’indeterminatezza non sia il frutto di sciatteria o distrazione, ma una deliberata, consapevole scelta di non scegliere. In fondo, se fossero stati tutti d’accordo sul punto - l’anima aperturista di palazzo Chigi e quella intransigente incarnata da Speranza e Franceschini - il nodo delle seconde case, simbolo di tutte le zone d’ombra dei dpcm irrisolti, sarebbe stato sciolto subito. E non per omissione, ma con una sentenza definitiva. E, invece, probabilmente d’accordo non sono, e allora tocca a noi levargli le castagne dal fuoco, in qualche modo, risalendo per “li rami” dei commi e delle faq. Noi titolari o meno di seconda casa, e di affetti (ormai) instabili. 
 

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