Alessandro Campi
Alessandro Campi

La pelle dei profughi/ La morale al Paese e gli interessi particolari

di Alessandro Campi
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Mercoledì 9 Novembre 2022, 00:04

Sulla pelle degli immigrati – povera gente in fuga dalla miseria e dalle guerre – si sta combattendo una battaglia politico-propagandistica che rasenta l’immoralità, sconfina nell’illegalità di Stato e rischia di violare le norme costituzionali italiane, le leggi internazionali e le convenzioni europee.
Sono frasi certamente drammatiche e a effetto, che in questi giorni si leggono e si sentono un po’ dappertutto, ma prima forse converrebbe chiarire bene quel che è accaduto nel porto di Catania, visto che la realtà delle cose è spesso in chiaroscuro e che dietro i fatti narrati dalla cronaca bisognerebbe cercare sempre le cause che li determinano e li spiegano.

Dunque, tutta colpa del governo di destra che ha scelto di fare la faccia feroce con gli immigrati per compiacere il proprio elettorato e per distrarre l’opinione pubblica dalle emergenze economiche che non sa come risolvere?
Hanno ragione – sul piano politico-giuridico e morale – coloro che intimano all’Italia di assolvere i suoi obblighi di assistenza e soccorso per non esporsi altrimenti a sanzioni legali e alla riprovazione del mondo civile? E che pensano di risolvere il problema dell’immigrazione, una questione eminentemente storico-politica, facendo ricorso unicamente a un approccio legalistico e moral-umanitario? Dove finisce, nel braccio di ferro in corso tra Italia ed Europa, tra governo e Ong, tra destra e sinistra, l’indignazione legittima e dove cominciano invece l’ipocrisia pelosa e la politica partigiana travestita da etica universalistica?

L’Italia – queste le accuse – si rifiuta immotivatamente di accogliere gli immigrati come è suo preciso dovere secondo il diritto internazionale e alla luce degli accordi che ha liberamente sottoscritto all’interno dell’Unione Europea. Vuole praticare, in spregio alle norme e al buon senso morale, sbarchi selettivi e fatalmente discriminatori tra esseri umani tutti egualmente sofferenti e bisognosi di cure. Derubrica arbitrariamente a pirateria marittima l’azione di salvataggio svolta dai volontari internazionali che pattugliano il Mediterraneo alla ricerca di naufraghi da mettere in salvo. Basta e avanza per vedersi esposti alla riprovazione dei benpensanti di fede progressista e delle Cancellerie politicamente ostili al nuovo governo.

Ma è la stessa Italia, viene facile obiettare, che proprio mentre il Viminale si irrigidiva con le due navi finalmente attraccate nel porto siciliano (la norvegese Geo Barents e la tedesca Humanity1), aprendo un contenzioso sul numero di immigrati cui concedere il diritto di protezione e asilo, autorizzava lo sbarco a Reggio Calabria di tutti gli immigrati a bordo di un’altra nave umanitaria tedesca, la Riose Above. Contemporaneamente la Guardia di Finanza e la Guardia Costiera portavano in salvo nei porti di Augusta, Pozzallo e Roccella Jonica, dopo averle recuperate in mare nel corso di un’ordinaria azione di pattugliamento, che come tale non fa notizia, altre 569 persone.

Qualcosa evidentemente non torna in quel che sta accadendo e nel modo con cui le cose si raccontano. Le autorità italiane mancano di senso morale e si comportano in modo schizofrenico o stanno cercando, magari con modo sbagliati e discutibili, di richiamare l’attenzione dell’Europa su un tema – i crescenti flussi migratori clandestini dall’Africa gestiti dalla criminalità internazionale – che richiederebbe da parte di quest’ultima una risposta politica unitaria e solidale? Un tema che, per intenderci, va oltre la questione dei ricollocamenti in altri Paesi di coloro che sbarcano sulle coste italiane, che a sua volta continua a vedere l’Europa tutt’altro che concorde e cooperativa.

In realtà, l’Italia (lasciamo perdere il suo governo del momento) non merita assolutamente di essere portata sul banco degli accusati, visto che da anni le sue forze marittime sono in prima linea nelle attività di ricerca e soccorso in mare. Puntare il dito contro di essa, accusarla ingiustamente di non assolvere i suoi doveri morali prima che politici, probabilmente è il modo migliore per distrarre l’opinione pubblica continentale rispetto alle politiche fortemente restrittive in materia d’ingressi e controlli alle frontiere operate ormai da anni da Paesi quali la Spagna, la Francia o la Danimarca. Siamo davvero al paradosso: si chiede all’Italia, terra di prima accoglienza per ovvie ragioni geografiche, di fare quel che già fa abitualmente e con grande sforzo organizzativo, economico e umano.

A questo atteggiamento inquisitorio europeo che denota al tempo stesso cinismo, furbizia e malafede, oltre ad essere un misto di sordità ed egoismo biasimato nei giorni scorsi persino dal Santo Padre, s’aggiunge poi un’opposizione politica interna che ha scelto di soffiare sul fuoco. L’indignazione morale su un tema delicato come l’immigrazione è notoriamente a buon mercato, anche se resta da capire, sempre ammesso che sia sincera, quanto renda elettoralmente e quanto soprattutto contribuisca a risolvere i mali che denuncia.
A sinistra si sostiene che l’emergenza sbarchi sia stata creata dall’attuale governo come arma di distrazione di massa e come occasione per affermare la propria visione ideologica tutta paura, ordine e sicurezza a spese dei deboli.

Forse sarebbe più onesto ammettere che si tratta di una questione epocale che la politica d’ogni colore ha sinora affrontato, per essere davvero equanimi, con interventi frettolosi, sbagliati e di corto respiro.

Se infatti i porti chiusi della destra sono immorali, illegali, antistorici e persino inutili, aprire le frontiere senza limitazioni, riempirsi la bocca col mantra dell’accoglienza garantita a tutti, è una soluzione che se da un lato acquieta la coscienza infelice di chi ancora sogna un mondo perfetto e un’umanità redenta da ogni male, dall’altro è destinata a produrre caos sociale e una crescente conflittualità culturale. Viviamo infatti in società altamente strutturate e storicamente stratificate che come tali non possono accogliere al loro interno un numero infinito di allogeni. Il problema non è la psicosi complottista della sostituzione etnica cara a una certa destra, ma l’instabilità che potrebbe derivare nasce da un eccesso di eterogeneità.

Aggiungiamoci anche che le Ong, al centro delle polemiche in questi giorni, se da un lato svolgono un lavoro di supplenza encomiabile sul piano dell’assistenza umanitaria, dall’altro non sono soggetti politicamente neutrali: non è un po’ sospetto il loro attivismo nelle acque italiane proprio in coincidenza con l’insediamento di un governo politicamente non gradito, anzi visto con manifesta (e persino comprensibile, dal loro punto di vista) ostilità?

Le loro attività hanno inoltre il difetto di non svolgersi sempre in collaborazione con le autorità pubbliche e statali, semmai spesso in contrasto e polemica con una sovranità dello Stato e un monopolio legale che culturalmente non riconoscono o ritengono un feticcio politico superato. Nel mondo globale che sognano, gli Stati sono un impedimento. Senza contare che la loro non è da tempo un’attività di salvataggio occasionale, ma una forma di pattugliamento marittimo permanente che oggettivamente ha spinto scafisti e trafficanti ad utilizzare le navi delle organizzazioni umanitarie come vettori sicuri verso la terra ferma. È peccato mortale porre simili questioni?

La verità è che su questa materia si dovrebbe cercare di conciliare, per quanto possibile, umanità e sicurezza, diritto d’asilo e difesa dei confini (europei, italiani), accoglienza e rispetto delle regole, tutela dei diritti umani individuali e tutela degli interessi collettivi consolidati. La destra ora al governo ha scelto, sembrerebbe, questa strada e vedremo se riuscirà a percorrerla senza cedimenti propagandisti e senza andare alla guerra aperta con i suoi alleati europei. La sinistra, alla ricerca di un riscatto politico e di un’identità smarrita, pare aver imboccato una via diversa: fare dell’immigrazione la frontiera di una battaglia tra civiltà e barbarie, a costo di perdersi nell’irrealtà degli ideali assoluti.

Ieri pomeriggio, mentre si consumava lo psicodramma catanese e si annunciavano ricorsi e azioni legali contro le decisioni del governo italiano, si è consumato tuttavia un significativo colpo di scena. La nave norvegese Ocean Viking, rimasta sino a quel momento al largo delle acque territoriali italiane con 234 persone a bordo, in attesa di una autorizzazione all’attracco in Italia, ha improvvisamente fatto rotta verso il porto di Marsiglia. Il governo francese ha fatto sapere che al suo attracco non verrà operata alcuna selezione o distinzione tra rifugiati, profughi e potenziali migranti economici: tutti potranno sbarcare e ottenere assistenza e asilo.
Sembrerebbe l’ennesima lezione di morale e civismo impartita gratuitamente all’Italia. In realtà potrebbe trattarsi dell’inizio di un lento ma necessario cambiamento nel modo con cui l’Europa dovrà affrontare non gli sbarchi dei prossimi giorni o quelli della prossima estate, ma un fenomeno che se non controllato e politicamente governato rischia di travolgerne i già fragili equilibri politici e sociali. Non diremo che il merito è della linea dura scelta dal governo Meloni, ma non diremo nemmeno il contrario.

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