Americo Cicchetti

Dietro le leggi/ Se la politica ha bisogno del conforto della scienza

di Americo Cicchetti
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Venerdì 16 Luglio 2021, 00:10

La legge che promuove l’agricoltura biodinamica, equiparandola all’agricoltura biologica, è solo l’ultimo di una lunga serie di provvedimenti che dedicano fondi pubblici per sostenere soluzioni tecnologiche prive di alcuna evidenza scientifica. In realtà non è questo il primo caso di un provvedimento legislativo che, in qualche modo, ha dedicato risorse dei contribuenti ad innovazioni tecniche e tecnologiche in cui il profilo benefici-costi non era sostenuto da prove scientifiche ed evidenze robuste. Ciò nonostante tali provvedimenti trovano supporto da “esperti” che sostengono la validità di tecnologie non basate su dati scientifici. 

Il periodo del Covid-19 è stato ricco di dibattito tra esperti in grado di sostenere posizioni diverse tutte “sostenute da evidenza scientifica” e di decisioni politiche rispetto alle quali è stato difficile comprendere il fondamento razionale. La sensazione, sgradevole, è che gli esperti fossero chiamati a supportare uno specifico orientamento politico - e non viceversa - e che vi fossero media più o meno schierati in una diatriba scientifica che ne nascondeva una politica (aperturisti contro i prudenti, ecc.). 

L’equilibrio tra scienza e politica è uno dei problemi da affrontare nelle democrazie mature. Come garantire ai cittadini che l’allocazione delle risorse pubbliche da dedicare ad investimenti in settori innovativi possa essere “ottimale” per la società nel suo complesso e non solo per alcuni gruppi? In molti Paesi, europei e non europei, la soluzione per evitare il corto circuito tra decisioni - politica - evidenze scientifiche - opinioni di esperti - media è stata trovata. 

Il primo esempio è quello degli Usa che nel 1972 hanno istituito presso il Congresso un “Office for Technology Assessment - Ota”, una unità dedicata ad aiutare i deputati e i senatori ad informare i propri orientamenti di voto su basi “scientifiche ed oggettive” da bilanciare con i propri legittimi orientamenti politici.

La missione dell’Ota era quella di offrire delle sintesi delle evidenze scientifiche a coloro (i deputati) non necessariamente competenti su tutti i temi sui quali erano chiamati a decidere. 

Questo il modello preso ad esempio dalle democrazie avanzate di tutto il mondo, ed anche dall’Europa. L’European Parliamentary Technology Assessment (Epta) riunisce ad oggi 23 istituzioni (12 europee e 11 di Paesi di altri continenti) dedicate a valutare le tecnologie per informare le scelte politiche in base all’evidenza scientifica. L’Italia non fa parte di Epta, in mancanza di una funzione di questo tipo presso il nostro Parlamento. L’Italia non manca di competenze scientifiche e tecnologiche e di istituzioni pubbliche nei diversi settori dedicate alla ricerca in ambito sanitario (vedi l’Istituto Superiore di Sanità), industriale, dell’aeronautica-spazio, fisica nucleare, ecc. Questi sono gli enti che sfornano esperti che individualmente o collegialmente aiutano governi e organismi parlamentari a creare robuste evidenze scientifiche che dovrebbero essere alla base del dibattito politico. 

Ma evidentemente - dati i risultati - tutto ciò non basta. La mancanza di uno strumento nel parlamento italiano come l’Ota (oggi le funzioni sono passate ad una divisione del Gao, Government Accounting Office) è il segnale di quell’arretratezza della cultura scientifica che ancora caratterizza il Paese e le sue istituzioni repubblicane. In un momento storico in cui centinaia di miliardi di euro dovranno essere spesi in ambiti tecnologici di frontiera, iniziative parlamentari tese a dare indicazioni su tali investimenti non mancheranno: una funzione del genere potrebbe garantire il massimo ritorno economico e sociale di tali investimenti garantendo un nuovo equilibrio tra scienza, politica e società.
 

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