Mario Ajello
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Tor di Valle, prossime mosse/Ora un impianto che sia davvero utile alla Capitale

Tor di Valle, prossime mosse/Ora un impianto che sia davvero utile alla Capitale
di Mario Ajello
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Sabato 27 Febbraio 2021, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 22:36

È calato il sipario su un tormentone che aveva stancato ) i più e che dall’inizio - con la Giunta Marino - era sembrato inguardabile con gli occhi degli interessi dei romani. Lo stadio di Tor di Valle non si fa più e l’Associazione Sportiva Roma ci rinuncia per impraticabilità del campo. 


Era servita la chimera dello stadio, che doveva sorgere in un’area dove per motivi idrogeologici (rischio allagamento) e per ragioni infrastrutturali (sarebbero servite strade, ponti e un sistema di mobilità di difficile realizzazione) tutto sconsigliava a farlo, per credere di illudere una parte dei tifosi e farsi belli così politicamente. Ma la forza dei fatti - e di uno soprattutto: Roma non aveva e non ha bisogno di un progetto nato male e finito peggio e non destinato al bene comune - ha finalmente messo la parola fine a uno spettacolo che si poteva evitare di mandare in scena. Perché non solo non ha dato lustro alla Capitale ma è anche stato origine di problemi, pasticci e altre diavolerie. 


Ora, su queste colonne, non c’è da gloriarsi per questo epilogo che verrebbe da definire naturale e che sta nelle cose, anche se purtroppo non sempre (ma in questo caso, sì) il reale è razionale. Ma va almeno ricordato che il Messaggero ha sempre rivolto critiche fattuali, non ideologiche e di natura funzionale, logistica e scientifica, allo stadio di Tor di Valle che nonostante i vari slogan del tipo #stadiofattobene si è rivelato un errore facilmente dimostrabile e infatti ampiamente dimostrato. 


Non che non si debba fare uno stadio.

Anzi, lo stadio è un arricchimento per una città, per chi la vive, per chi ama lo sport e per chi tifa per la sua squadra. E le metropoli che non si muovono, non creano e si ricreano e non puntano a crescere, finiscono per morire. Ma le opere vanno fatte bene, nel rispetto dell’urbanistica, secondo le regole, con tutto l’apparato dei canali e dei trasporti che servono a renderle efficienti e a non complicare la vita dei cittadini. Il caso di Tor di Valle non rientrava in questi canoni. 


Ed è stato, inoltre, una distrazione questo progetto, i suoi rimaneggiamenti, i ritocchi, i rilanci, le incertezze e le manovre, e tutto è andato avanti come una tela di Penelope che si faceva e si disfaceva ma in mancanza di un buon tessuto. Una distrazione rispetto alle urgenze di sviluppo e di rilancio della Capitale e alle esigenze di una cittadinanza bisognosa di ben altri progetti. 


Ora ha vinto chi aveva ragione nel non volerlo. Ma, appunto, non servono trionfalismi. Occorre invece credere ancora e sempre di più nella capacità di Roma a modernizzare se stessa e a crescere nell’interesse di tutti. Guardando avanti ma nella giusta direzione. La fine del tormentone stadio non è la riprova che nella Capitale non si può fare niente. E’ invece la conferma che a Roma si deve fare, e al più presto, tutto quel che serve, ma nello spirito corretto che è quello della sapienza e della lungimiranza e non quello dei disegni sballati.

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