Carlo Nordio
Carlo Nordio

Tensioni sociali/ Il controllo necessario sui rincari ingiustificati

di Carlo Nordio
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Giovedì 14 Aprile 2022, 00:16

Le guerre non generano soltanto quegli “orrori” così efficacemente dipinti da Goya, che ci illudevamo avrebbero risparmiato almeno l’Europa, e che oggi purtroppo vediamo ripetersi nella criminale invasione dell’Ucraina. Esse producono effetti collaterali destinati a condizionare, almeno temporaneamente, l’economia.  Un tempo erano limitati ai belligeranti, ai loro amici e talvolta ai loro vicini. Oggi incidono in termini più generali. Se poi coinvolgono paesi grandi produttori di beni energetici, le conseguenze sono universali. La guerra del Kippur del 1973 tra arabi e israeliani compromise la distribuzione petrolifera, provocò quell’austerity che ci costrinse a circolare a piedi la domenica e soprattutto provocò un’inflazione a due cifre. 


I meno giovani ricorderanno che il governo stampò addirittura dei mini assegni in sostituzione della banconota, come avevano fatto i rivoluzionari parigini con gli “assignats” quasi due secoli prima, e come per un po’ circolarono le “Am lire” dopo l’armistizio del 1943. A questi disastri i governi reagiscono in genere in due modi: stampando moneta e aumentando le tasse. Parte di questi introiti servono - o dovrebbero servire - a pagare i costi, e parte ad aiutare le categorie più deboli, talvolta con successo, talvolta con fallimenti colossali. Nella repubblica di Weimar del primo dopoguerra l’inflazione schizzò in modo esponenziale, e per un chilo di pane erano necessari miliardi e miliardi di marchi. La lezione fu imparata, e oggi l’attenzione è maggiore. Ma il pericolo di un aumento sconsiderato e ingiustificato dei prezzi è sempre in agguato. Perché se oggi tosare la moneta, cioè produrre carta e inflazione, è compito sottratto ai governi nazionali, l’imposizione tributaria, diretta e indiretta, è sempre di loro competenza esclusiva.

 
E l’esperienza ci dimostra che la tassa è come lo schiaffo citato dal Manzoni: una volta ricevuto, neanche il Papa te lo può togliere. Infatti alcuni beni di consumo sono gravati da accise, balzelli e contributi applicati in occasione di eventi specifici, e per questo chiamate imposte di scopo: il crollo del Vaiont, l’alluvione di Firenze, i terremoti del Friuli, dell’Irpinia e dell’Aquila, le missioni umanitarie in Libano e in Bosnia, ecc.

Alcuni esperti ci assicurano che sono ancora in vigore contributi per il maremoto di Messina del 1908. In teoria questi sovrapprezzi dovrebbero essere stati eliminati con il raggiungimento dello scopo, ed invece sono rimasti, con una solidità parmenidea. Come la virtù degli stoici, hanno in sé stessi la propria giustificazione.


In realtà la giustificazione è l’inesauribile sete di introiti di uno Stato cattivo esattore ed ancor peggiore distributore di risorse: si pensi alle maggiorazioni dei costi di molte opere pubbliche per le tangenti e soprattutto per gli sprechi. Con una fondamentale distinzione: se la produttività migliora, l’economia tira e l’inflazione si controlla, il cittadino mugugna ma paga. Peraltro, trattandosi di imposte sui consumi, non può nemmeno rifugiarsi nell’evasione fiscale. Ma se l’industria rallenta, l’economia annaspa, la disoccupazione cresce e l’inflazione si impenna, allora arriva la tempesta perfetta: quella che rischia di far saltare le regole del gioco democratico, e che spesso nella storia ha portato a conseguenze funeste e imprevedibili.


Ecco perché nel momento in cui il governo promette e concede aiuti alle industrie e alle famiglie, e contemporaneamente assiste a un aumento progressivo dei prezzi dei beni primari, deve vigilare affinché i primi non vengano sprecati e i secondi non rimangano eterni. I sussidi europei e nazionali sono fondamentali in questo momento di emergenza: ma proprio per questo occorre un controllo attento affinché non si convertano in dissipazioni, o peggio in arricchimenti illegali. 


Quanto ai prezzi, la vigilanza deve essere anche maggiore. Sappiamo benissimo che questi non possono essere imposti per decreto: la storia ci insegna che in tal caso i beni spariscono e riemergono nel mercato nero. Ma sappiamo anche che le manovre speculative sono sempre in agguato, e non si limitano ai monopoli delle “perfide multinazionali”, ma si insinuano anche a casa nostra nella frode di spregiudicati imprenditori, nelle opache filiere della distribuzione e nella furberia di alcuni commercianti al minuto. Per questo serve un monitoraggio costante sui costi dei fattori di produzione, sulla repressione degli aumenti ingiustificati e soprattutto sulla loro riduzione quando saranno cessato le cause che li avevano determinati.

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