Angelo De Mattia
Angelo De Mattia

La molte voci della Bce e l’occasione da cogliere

di Angelo De Mattia
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Sabato 13 Gennaio 2024, 00:42

“Tot capita, tot sententiae”, bisognerebbe dire a proposito del vertice della Bce, in vista della riunione del Consiglio direttivo del 25 gennaio. Nell’intervista rilasciata a un canale televisivo francese la presidente della Bce, Christine Lagarde, ha detto, tra l’altro, che se si avrà la certezza che l’inflazione, nell’Eurozona, piegherà al 2%, allora i tassi di riferimento, oggi complessivamente pari a 450 punti base, saranno abbassati. Comunque si è raggiunto il picco. Senonchè la stessa Banca centrale prevede che l’inflazione oscillerà, nell’area, tra il 2,5 e il 3%. Solo nel 2025 si attesterà al 2,1%: e allora?

Prima della presidente, nei giorni scorsi, aveva parlato la componente tedesca dell’Esecutivo, Isabel Schnabel, annoverata tra i “falchi”, la quale aveva detto che è troppo presto per discutere di tagli di tassi ufficiali perchè si deve avere conferma che continui il processo disinflazionistico. Ma ancora prima aveva parlato il Vice Presidente, lo spagnolo Luis De Guindos, il quale aveva sostenuto che, in presenza di un rallentamento dell’attività economica nel quadro di un futuro ancora incerto con prospettive al ribasso e rimbalzo dei prezzi per un breve periodo, la Bce reagirà. Pur non escludendo nel corso di quest’anno una possibile recessione tecnica - che anche la Schnabel ipotizza benché sembri sentirsi rassicurata dal fatto che non sarebbe lunga e profonda - ha comunque sottolineato che la politica restrittiva della Bce è arrivata alla fase conclusiva: ci sarebbe da chiedere per quando.

Secondo il Bollettino economico della Bce, pubblicato l’11 gennaio, che, come è proprio di questa pubblicazione non presenta molto di più di quanto è stato detto nella riunione del Consiglio direttivo ( in questo caso il 14 dicembre scorso) ad esclusione delle analisi, ripropone le stime dell’inflazione ( 5,4, 2,7 e 2,1% negli anni, nell’ordine, 2023/24/25) ma sottolinea la contrazione dell’economia, nell’area, nel terzo trimestre, con una crescita che resta contenuta nel breve periodo (0,8% per quest’anno).

L’impatto delle restrizioni della politica monetaria e le condizioni sfavorevoli dell’offerta di credito continuano a trasmettersi all’economia incidendo sulle prospettive di crescita a breve termine. Dette dal Bollettino, sono considerazioni che suonano assai negativamente. E non vale la successiva affermazione che questi impatti dovrebbero esaurirsi nell’orizzonte delle proiezioni, evento che si deve interpretare come realizzabile entro il 2025. E intanto?

Alla confusione tra l’ipotesi della recessione e l’innalzamento dell’inflazione - che però madame Lagarde dice essere transitorio, aggettivo da prendere con le pinze perché anche l’impennata dell’inflazione due anni fa era giudicata come transitoria, poi si è visto come sono andate le cose - si uniscono le acrobazie della Bce sull’impegno ad agire sulla base dei dati. È una frase che dice molto o non dice nulla, sicché le incertezze appaiono ben più rilevanti nel comportamento della Bce insieme con una confusione che finisce con il disorientare all’ascolto delle diverse posizioni. Altro che “single voice”, come si impegnavano i vertici nella fase di decollo dell’Istituto. Scendere sotto il 3 per cento di inflazione dovrebbe comunque portare a una reimpostazione del governo della moneta, a maggior ragione se si sottolinea la debolezza della crescita, considerati anche gli avanzamenti a livello istituzionale europeo, in particolare con la riforma del Patto di stabilità. Non si vorrebbe che il possibile raffreddamento negli Usa dell’ipotesi di abbassamento dei tassi per la lieve crescita dell’inflazione rafforzi nell’area il proposito dell’attesa inoperosa. Anzi, andrebbe colta l’occasione per una vera revisione della politica monetaria. Quella compiuta due anni fa è servita a ben poco. Occorrerebbe porvi mano con decisione avendo anche presente la complessa a dir poco situazione geopolitica, nonché l’esigenza di un raccordo tra politica monetaria e politica economica.
 

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