1° Rapporto Censis Assindatcolf: sanità, welfare fragile e distante dalle famiglie

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Martedì 20 Febbraio 2024, 12:00 - Ultimo aggiornamento: 5 Marzo, 09:00

Presentato a Roma il 1° Paper del Rapporto 2024 “Family (Net) Work – Laboratorio su casa, famiglia e lavoro domestico, il progetto editoriale promosso da Assindatcolf in collaborazione con Censis, Effe (European Federation for Family Employment and Home Care), Fondazione Studi Consulenti del Lavoro e Centro Studi e Ricerche Idos

L’obiettivo del focus è quello di rappresentare lo stato dell’arte del sistema di protezione sociale oggi in vigore in Italia, segnalando tutte quelle derive – demografiche, sociali, economiche – che stanno producendo una “sofferenza” dei meccanismi di copertura sociale. La spesa pubblica per le prestazioni di protezione sociale in ambito sanitario ammonta infatti nel 2022 a 123.464 milioni di euro. Dai dati risulta che sul totale della spesa destinata alle prestazioni di protezione sociale, il 21,4% è destinato al settore sanitario. In particolare, tra le spese in ambito sanitario, il 66,2% (81.687 milioni di euro) è dedicato alle prestazioni sociali in natura, corrispondenti a beni e servizi non market, ovvero per l’assistenza ospedaliera (35,4%) e altri servizi sanitari (30,7%). Il 33,8% (41.777 milioni di euro) della spesa sanitaria ricopre invece le prestazioni sociali in natura, corrispondenti a beni e servizi market: assistenza ospedaliera in case di cura private (8,0%), farmaci (6,0%), assistenza medico-generica (5,7%), assistenza medico-specialistica (4,3%), assistenza riabilitativa, integrativa e protesica (2,8%) e altre assistenze (7,0%).

Il Servizio sanitario nazionale, pilastro fondamentale per il benessere della popolazione, si trova quindi di fronte a sfide senza precedenti, tra queste, una è legata alla decrescente demografia che ne mina la solidità. Cresce infatti l’indice di vecchiaia che ha raggiunto il valore di 193,1 nel 2023 e che si prevede sfiori quota 300 nel 2050, quando per ogni individuo sotto i 14 anni ce ne saranno tre con almeno 65 anni. L’aumento della popolazione anziana comporta, inoltre, un incremento della spesa complessiva per le pensioni. In un contesto in cui le pensioni costituiscono una quota rilevante delle spese pubbliche, il crescente numero di pensionati può esercitare un aggiuntivo peso finanziario. Anche il prolungamento dell’età media di vita, sebbene positivo da un punto di vista sociale, contribuisce al problema, in quanto le persone possono percepire pensioni per periodi più lunghi. Questo fenomeno amplifica ulteriormente la pressione sui sistemi pensionistici. Da una recente indagine Censis condotta nel 2023 è risultato che il 79,1% delle persone ha affermato di essere molto preoccupato per il funzionamento del Servizio sanitario nel prossimo futuro. È una maggioranza che si ritrova trasversalmente in tutte le fasce di età, con un picco tra le persone che hanno dai 35 ai 64 anni (80,1%), ovvero coloro che vivranno la terza età in un futuro che si prospetta peggiore della situazione attuale.

Nel 2022, sono stati investiti 65.991 milioni di euro nell’assistenza dalle istituzioni delle amministrazioni pubbliche, ovvero 54.606 milioni in prestazioni sociali in denaro e 12.637 milioni in prestazioni sociali in natura, di cui 1.252 proveniente da altre istituzioni. La prestazione nazionale di assistenza sociale svolge un ruolo fondamentale nel tessuto sociale del Paese, eppure la spesa per l’assistenza corrisponde solo all’11,7% della spesa totale delle prestazioni di protezione sociale, risultando la quota di investimento più bassa rispetto agli altri ambiti (sanità e sistema previdenziale).

Al 1° gennaio 2022, le strutture residenziali socioassistenziali e sociosanitarie attive nel nostro Paese sono 12.576. L’offerta è di circa 414 mila posti letto, ovvero sette ogni 1.000 persone residenti. La disparità nella disponibilità di offerta di posti letto costituisce un aspetto di grande rilevanza nel panorama assistenziale del nostro Paese. La disponibilità di offerta più alta si osserva nel Nord-Est, nel Centro e nelle Isole i valori sono simili, 565 posti letto nel primo e 513 posti letto nel secondo ogni 100.000 abitanti; il numero più basso di posti letto nelle strutture socioassistenziali e sociosanitarie si registra invece nel Sud del Paese, con poco più di 330 posti letto ogni 100.000 residenti.

La distribuzione diseguale dei posti letto riflette una disparità infrastrutturale. Inoltre, gli ospiti ammontano a 356.556, dei quali oltre tre su quattro sono anziani.

Nell’indagine presso 2.400 famiglie associate a Assindatcolf e a Webcolf, la sanità, l’assistenza e la previdenza rappresentano efficacemente lo stato dell’arte del welfare in Italia e anticipano le derive future e i rischi di un collasso sociale. I maggiori temi di preoccupazione:

LISTE D’ATTESA

Il 66,0%, i due terzi del campione, individua come elemento critico principale del Servizio sanitario nazionale il dover affrontare lunghe liste di attesa, nel caso siano necessari interventi di cura a causa di eventi imprevisti o emergenze

NUOVI INVESTIMENTI

il 68,9% afferma che gli investimenti dovranno essere orientati al rafforzamento, all’interno delle strutture pubbliche, del personale medico e infermieristico. Il 45,3% indica nel potenziamento dei servizi domiciliari l’area su cui investire maggiormente, partendo dall’assunto che è la casa il miglior posto dove curarsi

LAVORO DOMESTICO

il lavoro domestico si è trasformato nel dispositivo di protezione sociale più diffuso sebbene a carico totale delle famiglie, che alimenta lo stato di disagio e di incertezza, soprattutto quando accadono condizioni che portano alla conclusione del rapporto di lavoro e ne interrompono la continuità. Chi ha in casa un familiare con bisogni di assistenza continua è gravato da una forte responsabilità e svolge inevitabilmente un compito molto impegnativo. Sulla condizione del caregiver, il campione segnala come l’aspetto più critico dell’impegno nell’assistenza di un familiare sia la fatica fisica e lo stress che deriva dal far fronte ai tanti bisogni della persona assistita (42,4%). Molto importanti sono anche i condizionamenti della quotidianità, spesso assorbita in maniera quasi assoluta dalle cure all’assistito, e la rinuncia a una vita relazionale e autonoma (24,7%).

DEDUCIBILITà LAVORO DOMESTICO

per quanto riguarda l’assistenza, è la dimensione economica di un impegno a lungo termine che spinge la maggioranza delle famiglie del campione a richiedere la deducibilità totale del costo del lavoro domestico: è di questo avviso il 58,7% degli intervistati, mentre oltre il 46,3% ritiene necessario attivare prioritariamente i servizi di assistenza domiciliare a supporto delle persone non autosufficienti e agli anziani

INSICUREZZA ECONOMICA

sul piano delle prospettive future, il 40,7% giudica parzialmente sicuro il proprio livello di risorse economiche e, comunque, di fronte a imprevisti teme che le disponibilità in termini di reddito, patrimonio, risparmi, possano non essere sufficienti. La quota dei più sicuri si attesta al 29,7%, i più esposti raggiungono il 12,5%, il 17,1% del campione appare incerto e non è in grado esprimersi nei confronti della capacità di poter far fronte a eventi imprevisti. In ogni caso, sono il rischio di inabilità e le malattie i fattori che creano maggiore preoccupazione alle famiglie (rispettivamente il 64,6% e il 51,2%), proprio gli ambiti su cui l’offerta pubblica sta arretrando celando anche un certo disimpegno.

Nelle considerazioni finali del Rapporto emerge quindi che se si mettono in fila i fattori di arretramento del welfare pubblico e quelli che stanno rendendo sempre più vulnerabili le famiglie nell’assistenza a persone anziane o non autosufficienti – e nonostante il supporto dei lavoratori domestici – non si comprende come, di fronte a queste difficoltà, resti del tutto inascoltata la richiesta di un’iniziativa adeguata alla complessità del problema.

Lucia Medri

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