Gli acquisti sono favoriti dalla debolezza del titolo, che in Piazza Affari ha chiuso in calo dello 0,24% a 0,459 euro. Dal 17 gennaio, quando valeva 0,526 euro, Tim ha perso il 12,8%. A innescare il crollo sono state le stime sul bilancio 2018 e le previsioni su quello del 2019, entrambe deludenti. Nella guerra fra i due contendenti, cioè fra Vivendi (socio al 23,9%) ed Elliott (8,8%), il terreno di scontro è sopratutto la prospettiva di creare una rete unica, che nascerebbe da una fusione tra quella di Tim e Open Fiber. Il progetto, che piace al governo italiano, è appoggiato dal fondo americano, ma è osteggiato dal gruppo francese. In attesa degli eventi, il presidente di Open Fiber, Franco Bassanini, ha preferito non sbilanciarsi più di tanto. «Certamente - ha spiegato - si tratterebbe di una soluzione che escluderebbe il rischio di un'inefficiente duplicazione di investimenti, anche se non si avrebbero i vantaggi di una competizione infrastrutturale». A indicare la rotta di Tim dovrà essere l'ad Luigi Gubitosi, scelto da Elliot dopo la defenestrazione di Amos Genish, e chiamato alla guida di Tim malgrado la contrarietà di Vivendi. L'occasione sarà il nuovo piano industriale, che verrà presentato il 21 febbraio.
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