Recovery fund, Conte con Macron e Merkel: niente mediazioni al ribasso

Recovery fund, Conte con Macron e Merkel: niente mediazioni al ribasso
di Alberto Gentili
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Mercoledì 20 Maggio 2020, 07:04

Una telefonata con Emmanuel Macron. E poi un'altra con Angela Merkel. Giuseppe Conte, dopo che il presidente francese e la cancelliera tedesca hanno siglato lunedì lo storico patto per dare vita ai Covid-bond, cerca di tornare in partita. E la linea del premier e del governo italiano è una sola, condivisa con Macron: i 500 miliardi di sussidi a fondo perduto proposti da Francia e Germania, di cui 100 dovrebbero andare all'Italia,«non si toccano». Ursula von der Leyen non si azzardi, nella proposta che la Commissione europea dovrà sfornare mercoledì prossimo, a tentare mediazioni per provare ad aggirare il muro dei Paesi del Nord. «I compromessi», dicono a palazzo Chigi, «dovranno avvenire solo e soltanto nel Consiglio europeo di giugno. Nel caso se ne facessero due, rischiamo di uscire con le ossa rotte».

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La parola chiave scelta da Conte e Macron è un aggettivo: «Ambizioso». Ciò significa che Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro, ma anche Belgio, Irlanda, Lussemburgo, Slovacchia, Slovenia, chiedono alla von der Leyen di non cedere di un solo millimetro alle richieste di Austria, Olanda Svezia e Danimarca. Tant'è, che nella telefonata con il presidente francese, secondo quanto filtra da palazzo Chigi, il premier italiano ha fatto un discorso che è suonato più o meno così: «Non solo difendo e difenderò il Recovery fund da 500 miliardi a fondo perduto per i Paesi più colpiti dall'epidemia, ma chiederò alla Commissione di essere più ambiziosa, perché se dovesse mediare al ribasso nel formulare la sua proposta, poi dovremmo accettare anche il probabile compromesso che si dovrà raggiungere al Consiglio europeo di giugno. Dunque, se la von der Leyen dovesse ridurre i 500 miliardi di sussidi a fondo perduto, il nostro atteggiamento nei confronti della Commissione sarebbe molto molto critico. Perché non è in gioco la sopravvivenza di un singolo Paese ma dell'Europa e del mercato unico».
Diverso il discorso fatto durante il colloquio con la Merkel. Conte alla Cancelliera dopo aver parlato a lungo della situazione dell'epidemia nei rispettivi Paesi - ha detto di aver «molto apprezzato» lo sforzo compiuto dalla Germania («un grande passo in avanti»). Ha ripetuto di attendersi dalla Commissione una proposta «ambiziosa, in linea con quella franco-tedesca». E ha chiesto alla Cancelliera di fare argine ai Paesi del Nord che rifiutano i Covid-bond e bocciano l'idea dei sussidi a fondo perduto, come ha potuto di verificare di persona il ministro agli Affari europei, Enzo Amendola, che ieri ha avuto un colloquio con il suo omologo olandese Stef Blok. La risposta di Frau Angela: «Difenderò la mia posizione, ma in Europa c'è una partita complessa con cui bisognerà fare i conti». Insomma: non sarà facile, ma farò di tutto per far arrivare in porto l'intesa siglata con Macron.

IL PERCORSO
Ciò che è certo, è che per l'Italia i 500 miliardi a fondo perduto sono la linea del Piave. «Non si arretra», ripete Conte. Che, per questioni di strategia negoziale, aggiunge: «Anzi, dobbiamo ottenere di più». E visto che a Bruxelles, a cominciare dal vicepresidente Vladis Dombrovskis e dal commissario agli affari economici Paolo Gentiloni, già si parla di un mix tra prestiti e sussidi, la risposta del governo italiano è ruvida: «Se vogliono aggiungere dei prestiti ai 500 miliardi a fondo perduto, nessun problema. Se il Recovery fund dovesse arrivare a quota mille miliardi okay. Ma i 500 miliardi di sussidi non si toccano». Non a caso Gentiloni, che in questa partita è un alleato prezioso, parla di mille miliardi tra grants e loans, tra sussidi e prestiti.
Nessun problema, invece, per la questione sollevata da Dombrovskis di accompagnare il varo dei Covid-bond a un piano di riforme. «Tutti i fondi europei, anche quelli di coesione, sono sottoposti a condizioni di utilizzo», dice Amendola. E a palazzo Chigi aggiungono: «Di riforme, a cominciare dalla semplificazione amministrativa, ne ha bisogno il Paese. Dunque siamo prontissimi». Come porte aperte trova la proposta della presidente della Bce, Christine Lagarde di rivedere il patto di stabilità quando verrà ripristinato dopo la sospensione decisa a causa dell'epidemia: «E' da anni che chiediamo di riformarlo e bisognerà domandarsi», dicono fonti di palazzo Chigi, «se in un'Europa travolta dalla gravissima crisi economica prodotta dal Covid-19, avrà ancora senso di parlare dei rapporto debito-Pil sotto il 60% e di deficit-Pil sotto il 3%, visto che quasi tutti i Paesi avranno sforato questi parametri».

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