Risparmio, Eltif e Pir possono raccogliere 70 miliardi al 2021

La sede del Tesoro
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Venerdì 24 Maggio 2019, 17:32
I Pir 2.0 e gli Eltif, i nuovi fondi chiusi che hanno come focus le piccole e medie aziende quotate e non, potrebbero raggiungere insieme una raccolta di 70 miliardi di euro entro il 2021. Un obiettivo che era stato indicato per i soli Pir, prima che le nuove norme volute dal governo gialloverde azzerassero praticamente la raccolta dei Piani individuali di risparmio. Ora con gli Eltif, gli European Long Term Investment Funds, fondi chiusi con orizzonti di investimento di medio termine che puntano sulle pmi anche non quotate, la raccolta potrebbe ripartire, con benefici per le imprese e l’economia italiana. È quanto sperano operatori del settore e gestori del risparmio, contattati dall’Adnkronos. L’emendamento al decreto Crescita che introduce sgravi fiscali sul modello dei Pir e sugli investimenti sulle imprese innovative promette di dare impulso agli Eltif, con i primi fondi che hanno iniziato, o stanno per iniziare, la raccolta. Per arrivare ai livelli di raccolta registrati in Francia, che hanno toccato i 188 miliardi di euro con i soli equivalenti francesi dei Pir, spiega Alberto Gustavo Franceschini, presidente di Ambromobiliare, «con questi chiari di luna politici, che incidono molto sulle aspettative degli imprenditori e dei risparmiatori, ci vorranno almeno dieci anni. Se si arrivasse a circa 70 miliardi sia con i Pir che con gli Eltif al 2021 sarebbe già un bel colpo». Per incidere sulla crescita delle pmi e su tutta l’economia gli Eltif rispetto ai Pir hanno bisogno di raccogliere meno fondi, dato che devono investire il 70% del patrimonio in attività illiquide. «Le risorse raccolte e destinate alle imprese sarebbero superiori anche con una raccolta inferiore», sottolinea Matteo Zanetti, presidente del Gruppo tecnico Credito e Finanza di Confindustria. Per Franco Gaudenti, presidente di Envent Capital Markets, l’importante è che i nuovi fondi siano gestiti in maniera flessibile. «Le nostre pmi hanno raccolte di circa 5-12 milioni per sviluppare un’operatività adeguata. Mi aspetto quindi fondi Eltif che raccolgano 80-100 milioni». Per avere un impatto «devono nascere tanti fondi di dimensione contenuta, con la possibilità di realizzare operazioni non solo su aziende pronte per la quotazione, ma anche su quelle che si quoteranno dopo diversi mesi». Vista la complessità del prodotto, sarà in ogni caso necessario spiegarne agli investitori caratteristiche e finalità. «In prospettiva sicuramente saranno un prodotto che si affermerà», spiega Francesco De Astis, responsabile Italian Equity di Eurizon. «È chiaro che essendo la prima esperienza devono passare lo scotto del noviziato e quindi è chiaro che il pubblico dovrà prendere confidenza con questa nuova tipologia di prodotti. Penso che siano il futuro se si vuole investire in società non quotate oppure che sono prossime alla quotazione». Ma per lanciare veramente questi strumenti alcuni operatori propongono una distinzione più netta fra Pir e Eltif, fondi aperti per le pmi quotate i primi e fondi chiusi di medio termini per pmi anche non quotate i secondi. Per Franceschini il governo «dovrebbe riportare i Pir com’erano prima», distinguendoli meglio dagli Eltif. «Se gli Eltif avranno tutti i vantaggi fiscali necessari e soglie contenute di investimento e i Pir tornassero alla vecchia normativa, avremo una grande quantità di capitali disponibili a sostenere le nostre imprese». La soglia per investire in un Eltif è stata fissata dal legislatore in 10mila euro. Il fondo lanciato da Eurizon ha una soglia di 100mila euro, così come October. Amundi e Muznich hanno ridotto il ticket di ingresso a 10mila euro, mentre la soglia del fondo che lancerà Kairos, se confermata, sarà di 30mila euro. Asticelle troppo elevate, però, potrebbero appesantire il decollo degli Eltif. Per Zanetti «se si vuole promuovere una raccolta massiva, di successo come per i Pir, vista la tipologia del risparmiatore italiano, quote di ingresso più basse favoriscono sicuramente un tipo di raccolta più interessante». Dello stesso avviso il presidente di Ambromobiliare. La soglia di investimento da 100mila euro «fa sì che gli investitori potenziali siano pochissimi, quelli che hanno un portafoglio di un paio di milioni. Così è semplicemente sbagliato».
Con i giusti incentivi anche gli Eltif potrebbero riuscire a conquistare i risparmiatori italiani.
Anche se, con vari strumenti in parte simili, si rischia di creare una sproporzione fra risorse raccolte e aziende target. Gli Eltif investono principalmente in imprese non finanziarie, non ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato o un sistema multilaterale di negoziazione, come l’Aim, oppure, se ammesse, con una capitalizzazione inferiore 500 milioni di euro. «La nostra impostazione del portafoglio -spiega De Astis- si concentra in particolare su titoli quotati e l’attenzione viene principalmente rivolta alle società quotate con capitalizzazione sotto i 500 milioni». Anche se l’Eltif di Eurizon ha un limite del 25% per gli attivi non quotati, con strumenti sia azionari che obbligazionari. Attualmente sui vari segmenti di Piazza Affari ci sono circa 200 società su cui questi fondi possono investire. Ma gli operatori del settore sono fiduciosi su nuove quotazioni. «Concentriamo molto l’attenzione sulla pipeline delle nuove società che entreranno nell’Aim e che hanno le caratteristiche tipiche per essere inserite in un prodotto chiuso», società piccole, con una liquidità limitata e non coperte dalla ricerca finanziaria. L’obiettivo di Eurizon, continua De Astis, è «selezionare attivi interessanti a prezzi validi, entrare in un’azienda e accompagnarla nel suo percorso di crescita, supportandola anche negli investimenti di medio-lungo termine». Dopo la fase di raccolta del fondo per la fase di costruzione del portafoglio, sottolinea il responsabile Italian Equity di Eurizon, «abbiamo 12 mesi, poi si procederà con un costante monitoraggio degli investimenti che sono stati elaborati nella fase iniziale allo scopo di verificare la consistenza delle ipotesi di base e le prospettive delle società in portafoglio». Per questo sono previsti incontri trimestrali con le società oggetto di investimento e verranno valutate nel corso della vita del fondo ulteriori possibilità di investimento o disinvestimento nelle società che avranno raggiunto i target valutativi o che saranno delistate.
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