L'analisi ha registrato che a metà del 2021 le conseguenze dell'emergenza sanitaria caratterizzano ancora il quadro economico e sociale. La recessione globale è stata "violenta" e di "breve durata", con un rimbalzo favorito dalle misure di sostegno e una ripresa dell'attività economica in tutte le principali economie.
Tornando al contesto italiano, nel primo trimestre sono stati registrati "forti miglioramenti" nella manifattura, nelle costruzioni e in alcuni comparti del terziario e anche le prospettive di brevissimo periodo sono "decisamente positive" (in base ai risultati dell'indagine sui climi di fiducia di imprese e consumatori). Sul fronte dei prezzi la dinamica è stata quasi nulla nel 2020, ma nei primi mesi del 2021 la risalita del prezzo del petrolio e il recupero dell'attività hanno alimentato moderate spinte inflazionistiche. Per rendere possibili le misure di contrasto all'emergenza sono stati sospesi i vincoli del patto di stabilità e crescita e il deficit pubblico è salito in Italia al 9,5% del PIL.
Nonostante un "moderato recupero" occupazionale nei mesi recenti, a maggio ci sono 735mila occupati in meno rispetto a prima dell'emergenza, secondo il rapporto annuale dell'Istat. Il calo dell'occupazione ha riguardato all'inizio principalmente i dipendenti a termine e gli indipendenti, poi anche i lavoratori a tempo indeterminato. Nel corso della crisi questo calo si è accompagnato, in un primo momento, alla diminuzione della disoccupazione e al contemporaneo aumento dell'inattività. Le misure di chiusura delle attività e le limitazioni agli spostamenti hanno scoraggiato, e in alcuni casi reso impossibile, la ricerca di lavoro e la stessa disponibilità a lavorare. Nella fase recente di moderato recupero dell'occupazione, ha sottolineato Istat, è emerso un ritorno alla ricerca di un impiego. A partire dallo scorso febbraio l'impatto della crisi è stato meno intenso, anche se la domanda di lavoro è rimasta debole. Il tasso di occupazione (15-64 anni), sceso di 1,7 punti percentuali tra febbraio e aprile 2020 (al 57,0%), ha raggiunto il minimo a gennaio 2021 (56,5%) per poi risalire fino al 57,2% a maggio.
Il rapporto ha rilevato anche che lo scorso anno il reddito disponibile delle famiglie consumatrici si è ridotto del 2,8% (-32 miliardi di euro), quasi azzerando la crescita del biennio precedente. I consumi finali hanno subito una caduta di dimensioni molto più ampie (-10,9%) e mai registrate dal dopoguerra. Il reddito primario delle famiglie è sceso di 92,8 miliardi di euro (-7,3%). I massicci interventi pubblici di redistribuzione hanno fornito un contributo positivo di circa 61 miliardi di euro, compensando due terzi della caduta e sostenendo il potere d'acquisto delle famiglie. A fronte della discesa molto più ampia della spesa, la propensione al risparmio è salita dall'8,1 al 15,8%. Il calo dei consumi è stato invece ben più ampio di quello del reddito, di conseguenza il tasso di risparmio è quasi raddoppiato. Dall'indagine sulle spese per consumi la spesa media mensile familiare è di 2.328 euro mensili, in calo del 9,0% rispetto al 2019.
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