Economia, «la trappola della povertà passa di padre in figlio». Il rapporto Istat: in Italia salari inferiori alla media Ue di 3.700 euro

Dalle difficoltà dei giovani ai problemi con il superbonus: crolla il potere d'acquisto delle famiglie italiane

Economia, «la trappola della povertà passa di padre in figlio». Il rapport Istat: in Italia salari inferiori alla media Ue di 3.700 euro
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Venerdì 7 Luglio 2023, 11:19 - Ultimo aggiornamento: 12:42

In Italia la «trappola della povertà» è più intensa che nella maggior parte dei paesi dell'Unione europea e sta aumentando più che altrove, a confronto con il 2011. Quasi un terzo degli adulti (tra 25 e 49 anni) a rischio di povertà proviene da genitori che, quando erano ragazzi di 14 anni, versavano in una cattiva condizione finanziaria. È quanto emerge dal Rapporto annuale dell'Istat. Gli ultimi dati disponibili, relativi al 2019, indicano in Italia il valore più alto tra i principali paesi europei e nel complesso dell'Ue inferiore solo a quello di Bulgaria e Romania.

Nel rapporto si legge che «le diseguaglianze strutturali continuano a rappresentare un elemento determinante e discriminante nelle opportunità che definiscono il destino sociale delle persone. La forza del legame tra condizioni di vita dei giovani e degli adulti e quelli della famiglia di origine è un problema non solo individuale, ma soprattutto collettivo, visto che in Italia 1,4 milioni di minori crescono in contesti di povertà assoluta». Il rapporto cita uno studio dell'Ocse secondo il quale «già a 5 anni provenire da contesti familiari con uno status socio-economico più alto si traduce in un vantaggio di 12 mesi nei livelli di alfabetizzazione emergente, intesa come le capacità di lettura e scrittura che un bambino acquisisce nell'età pre-scolare tra i 2 e i 5 anni» e l'alfabetizzazione emergente è un forte predittore dei risultati scolastici. Secondo l' Istat, «è necessario garantire a tutti bambini fin dalla nascita livelli di benessere che consentano un adeguato livello di sviluppo fisico, cognitivo, emotivo e relazionale» incidendo sui contesti di vita dei bambini e sulle loro opportunità educative, formative, culturali e di socializzazione. È sottolineato come «determinante» che queste opportunità siano caratterizzate da equità di accesso, riducendo, per quanto possibile, l'influenza dei contesti di appartenenza per poter sottrarre i minori dal «circolo vizioso della povertà».

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I lavoratori italiani guadagnano circa 3.700 euro l'anno in meno della media dei colleghi europei e oltre 8 mila euro in meno della media di quelli tedeschi.

La retribuzione media annua lorda per dipendente è pari a quasi 27 mila euro, inferiore del 12% a quella media Ue e del 23% a quella tedesca, nel 2021, a parità di potere d'acquisto. L'Istat, nel rapporto annuale, indica che, tra il 2013 e il 2022, la crescita totale delle retribuzioni lorde annue per dipendente in Italia è stata del 12%, circa la metà della media europea. Il potere di acquisto delle retribuzioni, negli stessi anni, è sceso del 2% (+2,5% negli altri paesi).

I GIOVANI

Gli indicatori del benessere dei giovani, in Italia, sono ai livelli più bassi in Europa e, nel 2022, quasi un ragazzo su due tra 18 e 34 anni ha almeno un segnale di deprivazione, 4 milioni e 870 mila persone. Secondo l' Istat, la dimensione con maggiori difficoltà è quella di istruzione e lavoro. Inoltre circa 1,7 milioni di giovani, quasi un quinto di chi ha tra 15 e 29 anni, non studia, non lavora e non è inserito in percorsi di formazione (i cosiddetti Neet). La quota di Neet cala fino a tornare a un livello prossimo al minimo del 2007, ma resta sopra la media Ue di oltre 7 punti e più bassa solo a quello della Romania.

SUPERBONUS

Nel caso degli investimenti del Pnrr - spiega l' Istat - è atteso un maggiore impulso alla crescita della produttività nel medio-lungo periodo rispetto agli investimenti in costruzioni che hanno avuto un effetto diffuso tra settori ma limitato in termini di produttività«. Nel 2022 la spesa per investimenti era aumentata del 9,4%, raggiungendo una quota sul Pil pari al 21,5%, il valore più elevato dell'ultimo decennio.Istat. Gli ultimi dati disponibili, relativi al 2019, indicano in Italia il valore più alto tra i principali paesi europei e nel complesso dell'Ue inferiore solo a quello di Bulgaria e Romania.

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LE SPESE

I dati sulle vendite al dettaglio diffusi dall' Istat «dimostrano ancora una volta l'impatto devastante di caro-prezzi e inflazione sulla spesa degli italiani, con le famiglie che cambiano fortemente le proprie abitudini, acquistando sempre meno ma spendendo sempre di più». Lo afferma il Codacons, sottolineando che anche a maggio le vendite registrano «l'ennesimo crollo verticale in volume, con una contrazione su base annua del 4,7% a fronte di un aumento in valore del 3%. Questo significa che, al netto dell'inflazione e considerata la spesa per consumi delle famiglie, gli acquisti calano in volume per complessivi 35,5 miliardi di euro annui, pari in media a -1.375 euro su base annua a famiglia». I prezzi «ancora a livelli elevatissimi per beni primari come alimentari e carrello della spesa incidono sulle vendite al dettaglio e sulle abitudini degli italiani, che si riversano in massa presso i discount alimentari, esercizi che segnano un incremento record delle vendite dell'11% a maggio - afferma il presidente Carlo Rienzi -. Il governo deve intervenire con urgenza adottando misure volte a calmierare i listini, tutelare il potere d'acquisto degli italiani e salvare i bilanci delle famiglie».

OCCUPAZIONE

La popolazione in età da lavoro nel 2041 si ridurrà di oltre il 12%, secondo le previsioni dell' Istat nel rapporto annuale con una possibile perdita di 3,6 milioni di occupati. Questa tendenza non va intesa però come «un destino ineluttabile», osserva il rapporto, perché l'aumento dei tassi di occupazione, in particolare per i giovani e le donne, potrebbe «compensare la perdita prevista nel numero di occupati e ridurre la disuguaglianza di genere nei redditi». L' Istat calcola che raggiungere i tassi di occupazione attuali dell'Ue27, superiori a quelli italiani di circa 9 punti percentuali, nel 2041 porterebbe a ridurre la perdita di occupazione di oltre due terzi (da 3,6 milioni a 1,1 milioni). Se si colmasse, inoltre, il divario nella fascia di età 20-24 anni, che è pari a 18 punti percentuali, si otterrebbe un recupero di ulteriori 240 mila occupati. Sul territorio, l'entità della riduzione sia delle fasce in età di lavoro sarà maggiore nel Mezzogiorno (in Basilicata si stima una contrazione del 30%), mentre il Centro-Nord sarà favorito dalla dinamica migratoria in ingresso. Complessivamente, tra il 2021 e il 2050, è attesa una riduzione della popolazione residente in Italia pari a quasi 5 milioni, fino a poco più di 54 milioni e il continuamento del processo di invecchiamento.

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