Sì alla richiesta di Draghi di un patto sociale a tre, governo, imprese e sindacati. Ma Carlo Bonomi, ascoltato in Parlamento sul Documento di economia e finanza avverte: «Va evitato il pericolo di alimentare ulteriormente la spirale inflattiva con una non corretta politica dei redditi». In modo ancora più chiaro, il presidente di Confindustria spiega che «non è possibile chiedere alle imprese, che si stanno già fermando per gli aumenti dei costi degli input, anche un aumento del costo del lavoro».
Bonomi: «Il costo del lavoro non può salire ancora»
Saranno proprio i contratti - insieme allo scostamento di bilancio su cui ieri il ministro Franco ha fatto una cauta apertura - il tema caldo delle prossime settimane. Perché i sindacati chiedono invece di cambiare il meccanismo attualmente utilizzato per la misura degli incrementi retributivi. Meccanismo implicitamente confermato dal governo nello stesso Def, che prevede l’ancoraggio ad un tasso di inflazione intorno al 2 per cento.
Un parametro che - per contenere le spirali inflattive - volutamente esclude gli sbalzi violenti dei prezzi energetici come quelli in corso ormai da mesi. Nel testo, viene portato come esempio non l’Ipca (che è l’indice calcolato a livello europeo) ma quello standard (Nic) calcolato dall’istituto nazionale di statistica. Il succo però è lo stesso: a marzo il Nic al netto dell’energia ha registrato una crescita tendenziale del 2,5 per cento, mentre quello al netto dei beni energetici importati ha avuto una dinamica del 6,7 per cento, quasi tripla. L’ipotesi è che la corsa dei prezzi al netto dell’energia si mantenga su questi livelli. E i lavoratori dipendenti, viene spiegato «recupereranno potere d’acquisto quando i prezzi dell’energia scenderanno e il tasso di inflazione totale scenderà al disotto del tasso al netto degli energetici». L’esempio è quello del 2020, quando l’inflazione generale fu leggermente negativa nella media annua (-0,1%) mentre l’indice calcolato senza gas e petrolio provenienti dall’estero (beni allora in frenata) si attestò allo 0,6.
Il tema - come detto - è al centro dell’argomentazione del presidente di Confindustria. «Se si pretende di discutere di redditi senza domandarsi come generare le risorse per corrisponderli, sarà tempo perso» sottolinea Bonomi. Questo - precisa - non significa che non si debba cercare di salvare la busta paga dei lavoratori, il loro potere d’acquisto eroso da un’inflazione come non si vedeva da decenni. Per Bonomi però la strada è sostanzialmente una: tagliare il cuneo contributivo. Anche l’idea di detassare i rinnovi contrattuali, che non è completamente scartata da Confindustria, però «non mette nelle tasche dei lavoratori soldi importanti, come invece potremmo fare con un taglio serio del cuneo contributivo». Bonomi avanza anche una proposta sul come redistribuire i risparmi derivanti dal taglio del cuneo: «Nonostante due terzi venga pagato dalle imprese e un terzo dai lavoratori, noi pensiamo al recupero del taglio all’incontrario» cioè due terzi a favore dei dipendenti e un terzo a favore delle imprese per sostenere la redditività. Il costo per il bilancio dello Stato? Intorno ai 16-18 miliardi di euro. Ma si può fare, insiste il leader di Confindustria, anche senza ricorrere allo scostamento di bilancio: «Nel Def viene detto che le entrate tributarie passeranno da 527 a 548 miliardi» e si prevede anche una crescita per i contributi sociali (+17 miliardi) «quindi - afferma Bonomi - si liberano risorse».
LE ESIGENZE
Per i sindacati invece è necessario, per le varie esigenze, uno scostamento di bilancio. Eventualità che il ministro dell’Economia Franco (anche lui in audizione sul Def) non ha escluso, se la situazione di crisi dovesse perdurare ancora, rendendo necessari ulteriori interventi. Le risorse stanziate nel Def - secondo Cgil, Cisl e Uil - sono assolutamente insufficienti. E se con l’idea del Patto si immagina di comprimere i salari - ha avvertito il leader Cgil, Maurizio Landini - nessun accordo sarà possibile. Anzi. Per evitare che l’inflazione affossi il potere d’acquisto per le tre confederazioni è il momento di aggiornare il meccanismo di adeguamento al costo della vita, che attualmente esclude appunto l’inflazione importata. Su questo la voce dei sindacati è corale: «