Banche al bivio, cambia modello di business: più prodotti finanziari con meno credito

di Rosario Dimito
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Martedì 12 Luglio 2022, 10:55 - Ultimo aggiornamento: 10:57

Meno credito e più profitto. Il settore bancario strizza l’occhio ai dividendi e sempre meno alla ripresa economica del Paese. È questo il nuovo volto degli istituti bancari che cedono il passo alla vendita di prodotti finanziari lasciando indietro il credito ad imprese e famiglie. A rivelarlo è l’analisi della Fabi, il maggiore sindacato dei bancari, che ha messo in evidenza, come si sia allargata vistosamente la forbice tra i due principali ambiti di attività del settore bancario italiano, quello del credito appunto e quello della vendita di prodotti, con le agenzie ormai sempre più simili a veri e propri negozi finanziari. L’anno scorso, sul totale di 82 miliardi di euro di ricavi, quelli legati alle commissioni hanno raggiunto il 53,6% (pari a 44 miliardi) del totale, rispetto al 46,4% (pari a 38 miliardi) dei proventi riconducibili ai finanziamenti concessi a imprese e famiglie. La repentina evoluzione delle banche italiane emerge plasticamente dalla fotografia che la Fabi riesce a scattare con una dettagliata ricerca sui ricavi del settore. Nel 2020, il distacco era stato inferiore a un punto percentuale (50,4% contro 49,6%): 39,5 miliardi contro 38,7 miliardi. Il divario tra commissioni e prestiti è passato, in soli 12 mesi, da 688 milioni a 5,8 miliardi. In termini percentuali, da meno di un punto a oltre sette punti percentuali. «Le banche stanno rinunciano a fare credito – ha detto il leader Fabi, Lando Maria Sileoni - e questo dipende dal fatto che i prestiti rappresentano un’attività poco profittevole e sempre più complessa. Insomma, molti costi e tanti rischi, ma poca redditività».

DUE FACCE PER UNA STESSA MEDAGLIA

I dati dei ricavi del settore bancario italiano nel 2021 ci restituiscono, dunque, un bilancio complessivo a due facce che dimostra il cambio di pelle già avviato negli ultimi anni: se da una parte, per tutto il sistema bancario nazionale, il quadro complessivo dei ricavi è certamente positivo, grazie a una crescita complessiva del “fatturato” di ben 4,1 miliardi di euro, con un incremento che ha portato a oltre 82,2 miliardi il totale del “fatturato” delle banche del Paese lo scorso anno, in crescita del 5,2% rispetto ai 78,1 miliardi del 2020, dall’altra, la chiave di successo del conto economico degli istituti di credito italiani passa sempre di più per il vertiginoso aumento delle commissioni pagate dalla clientela. Nel 2021 l’apporto alla crescita dei proventi legati al margine di interesse, cioè il versante dei ricavi legati ai prestiti, è stato pressoché neutrale (543 milioni in diminuzione) mentre sono pesati positivamente, sul risultato, i contributi delle entrate (+1 miliardo) e, in misura preponderante, la parte commissionale che rappresenta, con 3,5 miliardi, l’88% del maggior ricavo registrato nel 2021: in totale, sono cresciuti di 4,6 miliardi i ricavi derivanti dalla vendita di prodotti finanziari e assicurativi, dalla gestione della vendita di carte di credito, dal risparmio gestito e hanno ampiamente compensato il calo dei proventi garantiti dagli impieghi.

Un cambiamento che avviene mentre i big di Internet muovono i primi passi nel campo del credito al consumo, “aggredendo” quote di mercato alle banche.

L’ASSALTO DEI GIGANTI DEL TECH

L’incubo che diventa realtà. Se a lungo il settore finanziario ha guardato con sospetto i big tech che si muovevano, seppur lentamente, nel settore, ora ci ha pensato Apple a dare una scossa, lanciandosi nel mondo dei prestiti con il suo “Pay Later”, ovvero “compra ora paga dopo”, con il quale potrà finanziare gli acquisti a rate dei propri clienti. Dov’è la novità? Diverse società tech, tra cui Amazon, PayPal, Stripe, Shopify e Block, offrono già finanziamenti alle piccole imprese che vendono attraverso le loro piattaforme. Ma solo pochi gruppi big tech offrono prestiti generici ai consumatori per i loro acquisti. Così, se nel suo passato il colosso di Cupertino ha collaborato con Goldmann Sachs per una carta di credito o con Barklays per finanziamenti diretti all’acquisto dei suoi prodotti, ora le banche sono superate e Apple punta a gestire sottoscrizioni e prestiti attraverso la sua nuova controllata Apple Financing. Per ora è una scommessa, ma di certo c’è che Apple Pay Later sarà accettato dai milioni di rivenditori statunitensi che già utilizzano il servizio di pagamento mobile e online dell’iPhone, offrendo quindi una ampia base di clienti, e che Goldman Sachs sta consentendo ad Apple di accedere alla rete di Mastercard. Apple guadagnerà commissioni su tutte le transazioni e se un cliente non rimborsa un prestito si accolla la perdita. «Dopo i pagamenti, adesso, c’è il credito al consumo e tutto questo esaspererà la concorrenza sfrenata fra i gruppi bancari italiani, con ripercussioni negative anche per la clientela; mi riferisco, in questo caso, all’argomento delle indebite pressioni commerciali – ha commentato ancora Sileoni-. Se i giganti del web, peraltro favoriti dalla sostanziale assenza di regole, eroderanno quote di mercato alle banche, quest’ultime punteranno sempre di più sulla vendita di prodotti finanziari, con il rischio che le banche non svolgeranno più quell’importante ruolo sociale di un tempo».

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