L’oro a 2.200 dollari, cinque motivi per volare

L'indebolimento del dollaro giocherà a favore del metallo giallo

L’oro a 2.200 dollari, cinque motivi per volare
di Roberta Amoruso
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Mercoledì 31 Gennaio 2024, 11:41 - Ultimo aggiornamento: 1 Febbraio, 07:37

Ci sono almeno cinque motivi per vedere l’oro a quota 2.200 dollari l’oncia nel 2024.

E la prima spinta arriva proprio dalla prospettiva di taglio dei tassi per Peter Kinsella, Global Head of Forex Strategy di Union Bancaire Privée (UBP). I tassi d’interesse più bassi riducono, infatti, il costo opportunità di possedere il metallo giallo. Lo dicono le correlazioni di lunga data.
Ma a giocare a favore dell’oro sarà anche l’indebolimento del dollaro, legato agli stessi tassi in calo. Se il biglietto verde perde valore, i prezzi possono soltanto beneficiarne visto che l’oro è valutato in dollari: un calo dell’1% dell’US Dollar Index è compatibile con un aumento del prezzo dell’oro di 8 dollari l’oncia. Supponendo quindi che il dollaro si indebolisca tra il 5% e il 10% nel corso dell’anno, questo porterà a un chiaro aumento dei prezzi.
Non solo. Anche le preoccupazioni crescenti sulla sostenibilità del debito degli Stati Uniti favoriranno le quotazioni, sia nel 2024 che negli anni a venire. Il deficit fiscale degli Usa si aggira intorno all’8% del Pil, una cifra straordinaria in tempo di pace. Le tensioni politiche lasciano pensare che ci siano poche prospettive di un piano di riduzione delle spese fiscali. Dinamiche simili sono visibili in molte economie avanzate e l’oro potrà servire da copertura in tutte queste circostanze.
E ancora, c’è la spinta che arriva dal recente trend di acquisti aggressivi di oro che continuerà da parte delle banche centrali nel 2024. Nel 2022, le banche centrali hanno acquistato la cifra record di 1.038 tonnellate di oro fisico, una dose confermata nel 2023. Si tratta di acquisti rotondi ben al di sopra delle recenti medie di lungo periodo e «a nostro avviso», sottolinea l’esperto, «segnano un netto cambiamento rispetto al passato». Il driver principale di acquisti ingenti di oro da parte di molte banche centrali dei mercati emergenti riflette il desiderio di ridurre la loro dipendenza dal dollaro come componente principale delle loro riserve. Un trend secolare per le banche centrali dei mercati emergenti, che attualmente detengono circa l’80% delle riserve in valute estere globali. Se questa diversificazione delle riserve continuerà, sarà un vento di coda per i prezzi. Del resto, è stata proprio questa leva a compensare l’effetto dei forti aumenti dei tassi degli ultimi due anni. Infine, gli attuali rischi geopolitici costituiranno un sostegno strutturale per l’oro. E il metallo giallo potrà anche fare da ombrello nel caso di una seconda presidenza Trump.

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