«L'occupazione femminile fa bene alla natalità».
Il confronto tra imprese e associazioni

Il dibattito del 6 marzo nella sede di Comin & partners
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Martedì 7 Marzo 2023, 18:44 - Ultimo aggiornamento: 18:45

Nascite in calo, scarso supporto alle imprese e alle lavoratrici, pressioni sociali sulle donne ritenute spesso responsabili della denatalità: questi i temi attorno ai quali si è sviluppato lunedì 6 marzo il confronto promosso da Comin & Partners dal titolo “Family Affairs. La denatalità tra tutela del lavoro e scelte consapevoli”, presso gli uffici romani della società di consulenza strategica di comunicazione. La tavola rotonda, alla presenza dell’onorevole Alice Buonguerrieri, avvocata e deputata membro Commissione giustizia, ha visto l’intervento di rappresentanti delle imprese, delle associazioni, dei media e del mondo sanitario, con l’intento di affrontare un argomento complesso e sfaccettato, da diverse angolature.

Secondo gli ultimi dati dell’Istat, nel 2021 si è registrato un ulteriore calo delle nascite in Italia, con circa 400mila nuovi nati e un tasso di natalità ai minimi Europa. Parallelamente, un'indagine condotta da Manageritalia ha registrato un aumento del 13,5% delle donne manager (rispetto al 3,6% degli uomini) tra i dirigenti del settore privato. Sono dati che segnalano il collegamento tra lavoro e genitorialità e sottolineano l'importanza di promuovere politiche che favoriscano un ambiente lavorativo e sociale che permetta alle donne di conciliare maternità e vita professionale.

Elena Di Giovanni, vicepresidente e co-fondatrice di Comin & Partners, si è soffermata sulle possibili cause del fenomeno in atto: «Diversi fattori possono influire sulla scelta di non procreare che può essere quindi condizionata da alcuni ostacoli economici e sociali, spesso c’è la pressione di un gender gap ancora incisivo nel mondo del lavoro, che può far percepire la maternità come uno svantaggio lungo il percorso, e un sostegno ancora insufficiente alle famiglie in termini di incentivi». Di Giovanni ha poi auspicato che «nel Codice Appalti sia reinserito il riferimento alla parità di genere per valorizzare le lavoratrici come risorsa fondamentale per il Paese».

Molti gli spunti emersi nel corso del dibattito. Alessandra Bellasio, ostetrica e fondatrice di Unimamma.it ha riportato alcune testimonianze della sua community di 200 mila persone. «Nonostante la società abbia fatto passi in avanti - ha osservato - viviamo ancora in una realtà dove vige l’ideale della madre perfetta e protettrice della casa». Ha quindi sollecitato «un cambio culturale che permetta alle madri di continuare a essere donne libere di fare le proprie scelte e non più sole ma supportate da una rete che includa il partner e la società tutta, a partire dalle istituzioni».

Proprio le istituzioni si stanno occupando in questi mesi delle tematiche legate alla maternità e alla natalità. Alice Buonguerrieri, avvocata e deputata (FdI) in commissione giustizia, ha dato conto di questo lavoro:  «Famiglia, pari opportunità e natalità sono al centro dell’azione politica del governo, che ha dato segnali chiari, nonostante il poco tempo e le poche risorse a disposizione, destinando complessivamente 1 miliardo e 500 milioni a provvedimenti in questo ambito, che comprendono tra gli altri l'incremento dell'assegno unico per i figli, la riduzione dell’Iva, sui prodotti per l'infanzia, l'agevolazione all’acquisto della prima casa, la detassazione per le assunzioni di giovani, il potenziamento del congedo di maternità».

Luca Cifoni, giornalista del Messaggero e autore (con Diodato Pirone) del saggio "La trappola delle culle" edito da Rubbettino, ha riepilogato le azioni che possono essere intraprese per provare a invertire la tendenza in atto. Osservando tra l'altro che «l'occupazione femminile aiuta la natalità, come dimostrano i dati di altri Paesi europei in cui entrambi questi indicatori sono più alti rispetto all'Italia».

Gigi De Palo, presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari e della Fondazione per la Natalità ha osservato che «con la denatalità ci comportiamo come con l’ambiente, tutti conoscono il problema e ne parlano ma nessuno agisce». Dopo aver ricordato che la nascita di un figlio rappresenta nel nostro Paese la seconda causa di povertà, ha sollecitato una reazione urgente: «Ora è il momento di agire per non pagare conseguenze più gravi in futuro, bisogna mettere il tema della natalità in cima all’agenda del ministro dell’Economia, ma anche cambiare la narrazione e mettere l’accento sulla bellezza di procreare e accudire i figli».

Luisa Quarta, coordinatrice Gruppo donne Manageritalia, ha parlato invece del ruolo delle aziende: «Stanno facendo tanto per incentivare la natalità, le donne nel mondo del lavoro iniziano ad avere ruoli importanti e c’è in atto un cambio culturale, con numeri confortanti». In particolare «nel terziario, a fronte di un aumento del 8,3% della managerialità, si registra un +12% di donne manager». Secondo Quarta «la maternità non è un dramma ma pone un problema organizzativo che può scomparire con la cultura di una genitorialità sana e condivisa, perché il figlio è di entrambi i genitori, non solo della donna». 

Linda Laura Sabbadini, direttrice del Dipartimento per lo sviluppo di metodi e tecnologie per la produzione e diffusione dell'informazione statistica Istat, ha analizzato il fenomento  sulla base dei numeri, concludendo che «il Paese già da tempo soffre di una permanente denatalità, a causa soprattutto della condizione sociale e occupazionale che ha influito in modo importante sulle scelte dei giovani». E ha tratteggiato gli effetti delle tendenze in atto sul mercato del lavoro: «Secondo le previsioni demografiche da qua a 30 anni le persone in età lavorativa saranno 9 milioni in meno, dunque è fondamentale agire su due fronti: da un lato, sostenere attraverso sussidi e incentivi coloro che scelgono di fare un figlio e, dall’altro, gestire in modo intelligente la questione delle migrazioni».

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