“Pasolini filosofo della libertà”, il libro di Franco Ricordi

“Pasolini filosofo della libertà”, il libro di Franco Ricordi
di Carmine Castoro
2 Minuti di Lettura
Venerdì 6 Dicembre 2013, 20:17 - Ultimo aggiornamento: 20:19
Come disse Moravia al suo funerale, Pasolini fu probabilmente l’ultimo grande poeta (e profeta) italiano. Franco Ricordi, che in questo solco interpretativo lo avvicina a Dante, Foscolo e Leopardi, ne rileva insieme anche la forte autorità filosofica. Ma quella di Pasolini fu una saggistica intuitiva delle condizioni di verità e libertà in cui si trovava, e ancora si trova, il nostro paese.











Egli ha per primo denunciato il Potere dell’Apparire che, soprattutto a ridosso del fenomeno televisivo, si è imposto in maniera totalitaria e devastante al di sopra di ogni parte politica e ideologica. Più che mai vicino alle tesi di Heidegger, della Arendt e di Gunther Anders, il suo pensiero poetico si sforza di recuperare quella “Parola” (e il suo Teatro si rivela essenziale viatico) che distingue in maniera categorica la diversità dell’essere dall’omologazione dell’apparire nella nostra epoca. Una lettura nuova, profonda, avvincente e più che mai necessaria al dramma dell’Italia che sempre più stiamo attraversando. Ma un “dramma”, quello dell’apparire e delle logiche banalizzanti dello spettacolo che non teme di allargarsi al tessuto intero della globalizzazione. Sempre più trama omicida di comode astrazioni, merci compensative, atomi slacciati e insulsi di una pseudo-conoscenza invasiva.



Lo aveva capito benissimo anche Guy Debord quando nel suo “Panegirico” (Castelvecchi) ricorda che bisogna battersi per il recupero di un’immagine autentica, che non sia né illogica né pleonastica, ovvero né basata su opposti appositamente gestiti nella loro ambigua vicinanza, né dispersiva e diseducativa. E lo ha capito anche molto bene il filosofo francese Pierre Macherey che in un saggio 2013 lucido, sintetico, vibrante dal titolo “Il soggetto produttivo” (Ombre Corte) ci ricorda come il moderno Capitale delle emozioni e delle cognizioni miri alla “malleabilità”, all’endiadi foucaultiana dell’”utilità” e della “docilità”, ovvero a una manipolazione profonda e originaria dei comportamenti, delle disposizioni dell’anima, dei tropismi e delle percezioni del mondo, prima ancora che il corpo dell’uomo, inteso nella sua muscolarità e fruizione fordista, serva alla diretta produzione e accumulazione di oggetti e ritrovati della tecnica.



Potentissimo lo stesso Pasolini, allora, quando in un’opera che sfugge alla sua bibliografia ufficiale, la “Divina Mimesis”, disse che “l’assenza di significato è già significato”, ovvero: i dispositivi nullificanti del potere sono quelli più devastanti poiché ci privano della parola, della comunicazione e di quell’operazione fenomenologicamente primaria del dare senso alle cose e alle relazioni.



Franco Ricordi, nato nel 1958, si è imposto negli ultimi anni fra i maggiori saggisti italiani. Attore, regista e direttore artistico di teatro, laureato in filosofia nel 1983, ha elaborato un suggestivo e originale percorso teoretico. Fra i suoi libri ricordiamo Le mani sulla cultura, 2008; Ideologia di Amleto, 2010; Shakespeare filosofo dell’essere, Mimesis 2011; Filosofia del bacio, Mimesis 2012.



Franco Ricordi, “Pasolini filosofo della libertà” (Mimesis, pagg. 264, euro 20)
© RIPRODUZIONE RISERVATA