“Come foglie al vento”, la flessibilità nel lavoro secondo Stefano Amodio

“Come foglie al vento”, la flessibilità nel lavoro secondo Stefano Amodio
di Carmine Castoro
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Sabato 23 Maggio 2015, 05:14 - Ultimo aggiornamento: 24 Maggio, 15:28
E’ sdoganata in ogni tg, in ogni dispositivo di riforma del lavoro, in ogni talk politico dove sermoneggiano esperti, studiosi, industriali che spesso le attribuiscono una patente di necessità destinale, ormai, di irrevocabilità, nelle forme produttive e nelle urgenze antropologiche che inesorabilmente innesca.



E’ la parola “flessibilità”, che anima anche questa collettanea di studiosi capitanati dal professor Stefano Amodio, che intendono far luce non solo sui cerchi concentrici e gli scenari che il termine evoca e spalanca, ma anche opporgli una sorta di strategia di contrattacco, di diga di contenimento con tutti quegli strumenti cognitivi, psicologici, comportamentali e di scultura del sé, potremmo dire, contenuti nella etichetta di “self marketing”. Della serie: se il sistema socio-economico non mi offre più sufficienti garanzie di un progetto di vita e di lavoro duraturo e non liquido, meglio limare le mie armi, sapere come proporre un progetto innovativo, come ritagliarmi una fetta di mercato, come presentarmi a un consiglio giudicante, come valutare e riservarmi di accettare eventuali proposte che mi dovessero arrivare da un’azienda che intende investire. E di questi tempi di recessione e disoccupazione giovanile dilaganti, avere il know-how giusto in tasca può fare la differenza.



Non è un caso che molto citato nel libro sia il sociologo americano Richard Sennett che, nel suo famoso “L’uomo flessibile” cominciò proprio a indagare rischi e risorse di quella insicurezza del singolo sospesa fra inclusione ed esclusione nel tessuto economico di un Paese. La parola flexibility è entrata nella lingua inglese nel Quattrocento, e all’inizio era collegata alla semplice constatazione che il ramo di un albero, sottoposto a pressione, si fletteva ma non si rompeva, tornando alla sua posizione di partenza con una sorta di scudisciata all’incontrario. La flessibilità, botanicamente parlando, ci suggerisce Sennett, dovrebbe essere questo: superare ostacoli, subìre stress e condizionamenti, ma risultarne illesi e non straziati qualche tempo dopo. Oggi, invece, è giustamente associata a un concetto patogeno, clinico quasi, perché è fonte di instabilità e ansie, e si declina in due modi, rispetto al “dentro” e al “fuori” che il poligono lavorativo crea.



Ovvero, si è precari quando si è disoccupati, non si trova una fonte di reddito, un “padrone”, ma anche quando, pur all’interno del mercato delle competenze, si soggiace a protocolli, nuove modalità di pianificazione manageriale, ricerche incessanti, labilità dei traguardi raggiunti, forme di autodifesa da capi e colleghi, scadimento di quella tonalità emotiva e interpersonale che è il vero spacco nelle dinamiche economiche. Per non parlare di ciò che il lavoratore standard si porta nel cuore, nelle sue convinzioni personali, nei suoi valori di riferimento, oltre tutte queste “tossine” indotte dalle pratiche neoliberiste nelle quali è immerso. Princìpi cardine come la fedeltà, la dedizione, la tensione verso uno scopo, il merito, il rispetto, il senso di una esistenza da tramandare ai propri figli sono depauperati nella loro sostanza, deprivati di ogni bellezza e conforto.



Sennett nella sua inchiesta-sondaggio mise in controluce il quotidiano di tanti uomini e donne piagati (non più piegati come il ramo) dalla loro stessa spontanea, necessaria imprenditorialità, che si tratti di una fabbrica, di un forno, di un bar o di un’agenzia di consulenze di alto livello. E il denominatore comune che lega queste individualità così distanti fra loro non è lo stipendio, il bilancio familiare, lo status sociale, ma la mancanza di un racconto unitario nelle/delle loro vite, proprio per la mancanza di capacità nel prevedere gli improvvisi cambiamenti del mercato, le emergenze, i crolli verticali che non si annunciano più, ormai, e rivoluzionano, come il rovescio di una Borsa, da un giorno all’altro, il perché e il come ci si sveglia la mattina.



Il saggio in questione - volume della collana “Psicologia e Lavoro” che sarà rieditato con lo “Iac University Press” dell’Istituto Armando Curcio, introduce alla comprensione degli scenari lavorativi e sociali in cui trova spazio il lavoro flessibile. Dopo una prima parte dedicata ai concetti di precarietà e disagio, il libro si sofferma sui concetti di flessibilità e benessere, e le loro complesse relazioni. Muovendo dallo sviluppo delle competenze nei contesti precari, si procede così all’analisi di nuovi modelli di Formazione: Campus FormArea. Per ogni argomento si offre un quadro ragionato dei modelli interpretativi via via elaborati dagli autori, ma anche un percorso di riflessione volto ad integrare l’elaborazione teorica con la pratica professionale e l’azione nei contesti lavorativi e formativi. Vengono infine trattati, gli aspetti normativi della flessibilità lavorativa e dei contratti atipici presenti nella Legge Biagi, e le principali questioni teoriche ed applicative del self-marketing, appunto, evidenziandone gli aspetti più rilevanti.



Stefano Amodio è dottore di ricerca in Psicologia Generale, docente incaricato in Psicologia del Lavoro presso l'Università La Sapienza di Roma, direttore della Didattica dell'Istituto Armando Curcio e docente presso lo stesso nelle cattedre di Psicologia del Lavoro e di Psicologia della Comunicazione. Formatore nell’ambito delle Risorse Umane e dell’Organizzazione del Lavoro.

Si occupa di formazione professionale, psicologia del lavoro, motivazione, benessere lavorativo, mediazioni comunicative, creatività ed emozioni. È membro del comitato tecnico scientifico

dell’Osservatorio Storytelling dell’Università degli Studi di Pavia. Curatore e autore di diversi volumi tra cui: “Homo Laborans. Strumenti per l'analisi e la promozione del benessere lavorativo” (Teseo Editore, 2010) e “Johann Amos Comenius. Il pensiero comeniano e l'educazione universale nell'analisi della Didactica Magna” (Teseo Editore, 2012).



Aa. Vv. “Come foglie al vento” (Teseo Editore, pagg. 148, euro 26)