"Io, medico al fronte in una Rsa del Trentino, dico grazie ai miei colleghi del San Paolo e all'ottimo lavoiro della Asl Roma 4"

Il dottor Pietro Zaccagnino
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Venerdì 24 Aprile 2020, 16:05
Medici al fronte. E anche medici che cambiano fronte e che hanno quindi la possibilità di fare paragoni. Constatando, magari, che lasciare un ospedale del Centro Italia, quello di Civitavecchia, per trasferirsi in una Rsa del Trentino può addirittura significare misurarsi con una realtà più drammatica e complicata. Questo, nonostante spesso si dica che la sanità del Nord è sicuramente più attrezzata di quella del Centro Sud.
E’ il caso del dottor Pietro Zaccagnino, fino a pochi giorni fa in forza al reparto di Radiologia del San Paolo e adesso direttore in una Residenza sanitaria assistenziale del Trentino. E’ stato lui stesso, attraverso una lettera aperta ai suoi ex colleghi e alla Asl Roma 4, da cui proviene, a voler parlare dell’impatto con la nuova esperienza, mettendo a confronto le esperienze maturate in “casa” con quelle che sta vivendo nel suo nuovo incarico.
“Nella vita di un uomo e in special modo di un medico - scrive Zaccagnino - ti ritrovi spesse volte a dover trarre dei bilanci. Da quando sono qui, ed è una settimana, sono stato costretto a farlo praticamente tutti i giorni. Qui faccio il medico in una Rsa. Un posto dove i pazienti sono per la maggior parte malati o quasi tutti positivi al virus. Il Covid-19 qui è arrivato prima e ha colpito e colpisce duro. Ogni giorno questo virus che ha ingabbiato le vite, porta via gli affetti, e molti sono i casi delle persone degenti nelle RSA, lega le mani anche a noi medici rendendoci a volte impotenti.
Mi manca ogni giorno la mia Radiologia, i tecnici gli infermieri, i colleghi, ma io sono un medico e non ci sono pazienti di serie A o serie B. Per questo sono partito, ma l’ho fatto anche con la consapevolezza di lasciare una situazione ben diversa da quella terribile che vivono qui queste persone ormai da mesi. Mi duole il cuore sapere dei decessi della mia gente. Ma qui credetemi, è l’inferno e nel bailamme di polemiche assurde che leggo sui giornali, tra la gestione sanitaria delle regioni del nord e del sud rabbrividisco.
Qui mi chiamano il romano, faccio il medico. E la sera quando guardando le montagne mi siedo a riflettere, provo a farlo da uomo, da medico, da manager. In una situazione come questa ogni scelta, ogni decisione, seppure ponderata ed esaminata può essere fatale per migliaia di persone, ho capito che è davvero difficile anche essere “il capo”. Ogni giorno si tratta di andare in guerra indossare un’armatura, di andare a combattere un nemico che per noi medici è il virus, per chi decide è la burocrazia, i tempi tecnici, le leggi e centinaia di altre teste pensanti che devono avere le stesse idee a salvaguardia del bene e della salute comune.
Qui sono il romano che viene dall’ospedale di Civitavecchia e anche per questo ne sono fiero, perché sono cresciuto e sto crescendo in un’azienda (la Asl Roma4) che merita rispetto per le iniziative e le procedure che ha messo in atto durante l’emergenza (vedi i tamponi al personale, a tutti i degenti delle Rsa e altro). E’ per questo che scrivo, per incoraggiare chi finora ha fatto “penso” meglio degli altri; chi mi chiama per sapere se va tutto bene; se ho bisogno di qualcosa o mi invia protocolli da condividere (e sono tanti: dal mio direttore Giuseppe Quintavalle, la mia Ppimaria Marina De Angelis, i miei colleghi, Tsrm e infermieri e i tanti amici e pazienti).
Mi addolora sapere delle perdite della mia gente e sono vicino a tutti i cari che non riescono ad abbracciare i loro malati. So che non consola, ma nella nostra situazione possiamo davvero dire che chi poteva dare ha dato, chi poteva fare ha fatto e chi sta facendo non smetterà di combattere sempre, nella consapevolezza, di avere agito nel bene di tutti. Non è facile questa battaglia. Siamo tutti uno stesso esercito, uniti per portare a casa la vita, quella di prima, quella che ci permetterà, “spero presto”, di tornare alle nostre abitudini, ai caffè al bar, agli abbracci sospirati, alle visite programmate, a poter abbracciare una paziente che piange perché l’ esito della tac o della mammografia è negativo.
Siate fieri del nostro Ospedale, di quel personale - medici, tecnici di radiologia, innfermieri, tecnici di laboratorio, Oss, Osa, amministrativi, amministratori... Senza togliere nulla a nessuno, sono fiero di essere cresciuto nella mia Azienda, fiero tra le tante difficoltà di come stiano andando le cose, sono fiero di essere il medico romano che viene da Civitavecchia.
Pietro Zaccagnino
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