Civitavecchia: «I miei genitori contagiati dal Coronavirus al S. Paolo»

L'ingresso dell'ospedale San paolo di Civitavecchia
di Alessio Vallerga
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Mercoledì 29 Aprile 2020, 11:59
Il marito resta vittima di un'emorragia cerebrale e la moglie, che lo va a trovare, rischia di morire per il Coronavirus. Entrambi ora sono fuori pericolo, ma la coppia di Civitavecchia se l'è vista davvero brutta e come comun denominatore c'è il Covid. A raccontare la loro storia è la figlia Federica (nome di fantasia) che dopo un mese finalmente tira un sospiro di sollievo. Sono stati giorni difficili, nei quali ha rischiato di perdere in un colpo solo entrambi i genitori e muove critiche alla Asl Roma 4 per come ha gestito i pazienti durante la pandemia.
LE TAPPE
La vicenda inizia il 26 febbraio quando all'uomo, 74 anni, viene diagnosticata un'emorragia cerebrale e viene ricoverato nel reparto di Medicina del San Paolo. La moglie, 69 anni, va tutti i giorni a trovarlo finché non inizia ad accusare i sintomi da Covid. E' il 16 di marzo. Poi prende la parola Federica: «A questo punto - dice - gli eventi si susseguono a velocità spaventosa. Solo il 20 marzo mia mamma viene sottoposta a tampone risultando positiva. Lo stesso papà e tutti noi parenti stretti tranne uno. Passano altri tre giorni e le condizioni di mamma peggiorano, ma nessuno viene a constatare di persona le sue condizioni per aiutarla a guarire». È il 23 marzo e alla chiamata dei soccorsi si sentono rispondere: In casa a visitarla non veniamo, bisogna aspettare. «Il 27 marzo prosegue Federica la situazione precipita: mia madre non respira più: viene portata prima nella rianimazione del Sant'Andrea di Roma, ma neanche lì sono in grado di curarla. Allora la spostano allo Spallanzani dove finalmente intervengono con decisione, riscontrandole una polmonite bilaterale». Ma la storia è tutt'altro che conclusa: «Sì perché nell'ospedale delle malattie infettive peggiora ulteriormente: arriva al punto di non respirare più e i medici sono costretti a praticarle una tracheotomia. Ora del respiratore non ha più bisogno ma non è guarita del tutto. O meglio, dal Coronavirus sì, dalla polmonite ancora no. E il papà nel frattempo? «Anche lui è guarito dal morbo e dopo la dichiarazione di reparto Covid di Medicina al San Paolo è stato spostato alla Rsa Madonna del Rosario, in un reparto di pazienti negativi. Invece noi familiari all'11 aprile risultavamo ancora positivi ma per fortuna asintomatici o con sintomi molto lievi».
DUBBI SULLE PROCEDURE
Tutto è bene quel che finisce bene, però per la famiglia rimane la sensazione di una situazione difficile della quale, almeno parzialmente, si poteva fare a meno: «Quando papà era in corsia a Medicina, non si sapeva come stessero le cose: a febbraio non c'era contezza di quanto stesse avvenendo. Però lui è rimasto a contatto con altre persone affette da polmonite e per diversi giorni. Poteva anche morire. C'è voluto quasi un mese prima che gli facessero un tampone ed è stato effettuato in seguito al malessere della mamma. A me fa rabbia questo aspetto: una volta chiaro che Medicina era contaminata dal virus, già allora dovevamo essere tutti controllati e così forse mia madre si sarebbe evitata questa via crucis tanto dolorosa. Presa in carico in tempo, si sarebbe curata forse senza rischiare la vita, come invece è avvenuto», la sottolineatura conclusiva di Federica.
Sulla questione è stata interpellata la direzione della Asl che non è voluta, almeno per ora, entrare nello specifico della vicenda, dicendo soltanto che stando a quanto risulta, il comportamento in ospedale è stato corretto.
 
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