Lampi
di Riccardo De Palo

"Uomini senza donne", il nuovo Murakami e l'insostenibile leggerezza dell'amore

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Mercoledì 24 Giugno 2015, 13:54
Ogni libro di Murakami è di per sé un evento; non solo perché si tratta del più popolare tra gli scrittori di qualità del panorama internazionale, ma anche perché, a ogni libro, è capace di creare un intero universo, senza ripetersi mai. “Uomini senza donne”, la nuova raccolta di racconti (a nove anni da “I salici ciechi e la donna addormentata”) ripropone non solo alcuni dei temi più cari allo scrittore di Kobe (l’amore, la solitudine, il senso recondito di ogni vita e di ogni cosa), ma va oltre, in un gioco di rimandi e di citazioni che fanno diventare “classico” anche un racconto nuovo.

Il tema principale, va da sé, è il rapporto tra uomini e donne, sempre dal punto di vista di un maschio; ma non si tratta solo di uno Stieg Larsson rovesciato, alla “uomini che amano le donne”. Murakami estende ai suoi personaggi - tormentati, ironici, tragici - un abbraccio di compassione che sembra avvolgere le fragilità e la caducità dell’intero genere umano. E ogni storia è a più livelli, ad altissima definizione. Haruki è molto ligio nel farci vedere (e sentire) ogni pietanza e ogni bevanda consumate dai suoi personaggi, così come è molto preciso nel descriverci le musiche che ascoltano.  Una moderna “opera totale”, ma (all’opposto di Wagner), minimalista, essenziale, a tratti struggente. Così, una donna che si è tolta la vita viene ricordata per la musica che amava, "il genere di cose che si ascolta negli ascensori": Percy faith, Enrico Mantovani, Raymond Lefèvre, Francis Lai. Se un avventore al bar ordina un whisky, verremo informati che si tratta di un White Label, con due piccoli pezzetti di ghiaccio. Tanta chiarezza cinematografica sembra stridere con l’andamento surreale delle storie.

Ma in realtà, non è così. Murakami è come un uomo che, al risveglio, prenda nota dei propri sogni con precisione maniacale. E il risultato è straordinario. In fondo (come dice il protagonista di Yesterday) “i sogni all’occorrenza si possono anche prendere in prestito”. Anche se “nessuno può sapere cosa sogneremo domani”.  

Perdere una donna, scrive Murakami, a volte vuol dire perderle tutte. Così, il tradimento è una costante. Tra i personaggi “sognati” da Murakami c’è l’attore che vuole incontrare l’uomo con cui la moglie (morta di recente) trascorreva notti di passione. C’è il giovane che scopre la sua compagna a letto con un altro e che non riesce a liberarsi del suo vuoto interiore; c’è l’amico che offre la sua ragazza all’amico perché così, almeno, verrebbe tradito da una persona (si fa per dire) di fiducia. C’è sempre un senso di mancanza, di incompiuto, nei rapporti amorosi. In Sherazade, la donna che va a trovare l’amante recluso in casa e racconta frammenti di storie ad ogni incontro, (come nelle Mille e una Notte), lascia in sospeso il protagonista, che desidera più di ogni altra cosa il suo ritorno. Per ascoltare il seguito. C’è sempre un libro, o un film, o una canzone, in sottofondo. A fare da controcanto, o a completare, l’azione. L’autista donna di Drive My Car diventa la Sonia di Zio Vanja per un istante. Il chirurgo plastico e single impenitente Tokai sente citare “baci rubati” di Truffaut prima di lasciarsi morire (quando, suo malgrado, si innamora). Ma l’atto d’amore più sorprendente, e più riuscito, avviene quando (rovesciando le metamorfosi di Kafka) Gregor Samsa si risveglia e scopre (con orrore) di essere un uomo. Non potrà evitare di innamorarsi di una donna gobba, la cui bellezza soltanto lui è capace di notare.
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