La transumanza patrimonio immateriale Unesco: le implicazioni per l'Abruzzo

La transumanza patrimonio immateriale Unesco: le implicazioni per l'Abruzzo
di Stefano Dascoli
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Giovedì 12 Dicembre 2019, 11:33 - Ultimo aggiornamento: 11:40

L'AQUILA - La transumanza è stata iscritta, all'unanimità, nella lista rappresentativa del Patrimonio culturale immateriale dell'Unesco. Il verdetto è arrivato ieri da Bogotà, in Colombia. Fa festa anche l’Abruzzo, terra dell’immortale lirica di D’Annunzio («Settembre, andiamo. È tempo di migrare»), simbolo della cultura pastorale mondiale, da dove partono, come certificato dall’Istituto geografico De Agostini nel 1958, i soli cinque Regi tratturi, larghi 111 metri, esistenti oggi in Italia: tutti dalla provincia dell’Aquila, con arrivo alla Capitanata, l’odierna provincia di Foggia, dove gli animali venivano condotti per alimentarsi nei mesi invernali.

L’Abruzzo gioisce, anche se il dossier, a firma Italia, Austria e Grecia, ha il suo cuore pulsante nel lavoro di un gruppo di azione locale e di esperti del Molise. La difficoltà a fare massa critica sul nostro territorio potrebbe, se non sanata, costituire un problema politico non di poco conto.

Tra l’altro il “successo” della transumanza potrebbe, in qualche modo, sbarrare la strada a quello della Perdonanza celestiniana, anch’essa nella lista delle candidature. Se ne saprà di più nei prossimi giorni.

Le implicazioni del riconoscimento sono innumerevoli. Intanto colma un vuoto, abruzzese, nel riconoscere la valenza della cultura pastorale, oggetto di un processo di rimozione quasi unico (basti pensare al rischio cancellazione della storica rassegna ovina di Campo Imperatore), collegata oggi in modo indissolubile alla difesa dell’ambiente, delle montagne che fin dall’epoca romana, per la varietà dei pascoli, erano luogo ideale per gli allevamenti, in particolare delle pecore. Una risorsa, anche oggi: per ogni ettaro di pascolo l’Europa riconosce contributi ed esistono, attualmente, circa 2-3 mila famiglie che vivono di pastorizia, con oltre 100 mila capi di bestiame solo nell’Aquilano.

La transumanza è, poi, per definizione, pace e concordia: il riconoscimento potrebbe favorire il superamento delle divisioni politiche che fino a ora non hanno consentito la valorizzazione dei tratturi, pur tra mille tentativi. E ci sono, poi, ragioni squisitamente economiche, ancora vive: la cultura pastorale è ancora centrale nelle aree rurali, soprattutto nei piccoli paesi, con l’indotto della lana ancora inesploso, quello della carne in gran parte nelle mani dei grossisti, mentre il pecorino ha già aumentato a dismisura il suo valore.

Pur in un clima di assenza istituzionale, ieri l’Abruzzo ha ovviamente salutato con gioia il riconoscimento. «Inorgoglisce ed impreziosisce non solo la storia e la lunga tradizione abruzzese, ma tutto il popolo abruzzese – ha detto l'assessore regionale al Turismo, Mauro Febbo -. Oggi abbiamo un valido strumento per promuovere le nostre tante e innumerevoli bellezze naturali».

«Accogliamo positivamente questa notizia – sottolinea Coldiretti Abruzzo - che nella nostra regione chiama in causa un patrimonio importante di tradizioni, di usi e costumi e un sistema valoriale che ancora oggi riguarda tanti pastori e le rispettive famiglie contribuendo a mantenere vivi territori montani svantaggiati»

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