L'Aquila, la lettera che spiazza i terremotati (14 anni dopo): «Ridateci i soldi». Stangata da migliaia di euro

Il Comune rivuole i contributi dagli sfollati che si erano trovati un alloggio da soli. L’assessore: «Somme non dovute»

L'Aquila, la lettera del Comune ai terremotati 14 anni dopo: «Ridateci i soldi». Stangata da migliaia di euro per 400 famiglie
di Stefano Dascoli (ha collaborato Daniela Rosone)
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Venerdì 22 Settembre 2023, 00:04

La stangata, per ora, riguarda oltre 400 famiglie aquilane che si sono viste recapitare un’intimazione di pagamento a quattordici anni e mezzo dal terremoto del 2009. Dovranno restituire, salvo errori, ricorsi, verifiche, da poche decine fino a migliaia di euro del contributo di autonoma sistemazione che il Comune ritiene indebitamente percepito. 

Si tratta di quella misura, varata tramite ordinanza (la numero 3754) già il 9 aprile del 2009, tre giorni dopo la grande scossa che fece 309 morti, 1.500 feriti e 100 mila sfollati, che prevedeva, a fronte dell’inagibilità della propria abitazione, l’erogazione di un contributo ai nuclei familiari che non avessero scelto la sistemazione in albergo o, successivamente, nelle “new town” costruite dallo Stato. Soldi, insomma, fino a un massimo di 400 euro mensili per nucleo, o, comunque, nel limite di 100 euro per ogni componente «abitualmente e stabilmente residente nell’abitazione». Duecento euro per i nuclei composti da una sola persona e cento euro aggiuntivi per le famiglie con anziani over 65 o portatori di disabilità.

Una misura - riproposta anche in occasione del sisma del Centro Italia 2016-2017 -, cessata a marzo 2015, nata con lo scopo di alleggerire la necessità dello Stato di reperire alloggi e, contemporaneamente, di offrire un sostentamento alle famiglie provate dalla perdita dell’abitazione. 

 

Oggi il nodo della vicenda è legato alla perdita del diritto al contributo. Per esempio l’ordinanza 3827 del novembre 2010 ha stabilito che i lavori sulle abitazioni con danni lievi (classificate dunque “B” e “C” in una scala che va da “A” a “E”) sarebbero dovuti terminare al massimo entro sei o sette mesi dalla data della comunicazione del contributo definitivo concesso. E, dunque, da quel momento i nuclei familiari avrebbero perso il diritto al contributo per l’autonoma sistemazione. O ancora: al ripristino dell’agibilità dell’abitazione principale gli sfollati avrebbero dovuto comunicare al Comune la perdita del beneficio. Ci sono poi casi estremi, come ad esempio chi prima ha richiesto il contributo di autonoma sistemazione e poi, nel tempo, ha fatto domanda anche per un alloggio pubblico, per esempio negli appartamenti del Progetto Case. Insomma, possibili sovrapposizioni, scadenze, date che non collimano: da qui nasce la stangata. Il Comune dell’Aquila, infatti, ha portato avanti una ricognizione puntuale che ha portato all’individuazione di più di 400 famiglie che avrebbero eluso i termini e la giungla di norme, percependo, così, più di quanto dovuto. E così sono piombate nelle case, tramite raccomandata, intimazioni a pagare, entro due mesi, cifre che vanno da poche centinaia di euro a diverse migliaia. Con annesse spese di notifica. 

I nodi

La questione centrale è la seguente: il Comune ha titolo per chiedere la riscossione delle somme dopo così tanto tempo? Se lo chiedono gli aquilani che già si sono armati per ricorrere contro gli atti. Dal Comune, seppur in via non ufficiale, sostengono che non esisterebbe prescrizione e che, anzi, il termine decorrerebbe dall’accertamento dell’indebita percezione. Di tutt’altro parere l’avvocato Arturo Lely, che sta già curando i primi ricorsi: «Normalmente una richiesta di restituzione si prescriverebbe in dieci anni, addirittura qui, parlando di emolumenti periodici, si potrebbe anche ipotizzare una prescrizione breve, di cinque anni». In ogni caso sarà il tema centrale di una battaglia legale inevitabile. Il caso è, ovviamente, anche politico. L’assessore alle Politiche Sociali, Manuela Tursini, si mostra conciliante: «Non è una questione politica, ma meramente amministrativa. È un recupero di somme dovute al Comune nel momento in cui cessavano i requisiti per usufruire del contributo di autonoma sistemazione. Come Comune si stanno vagliando tutte le modalità per cercare di venire incontro ad i cittadini ed agevolare la riscossione». In primis permettendo la rateizzazione, ma anche rendendosi disponibile a verificare de visu eventuali errori nell’intimazione di pagamento.

Le verifiche

La vicenda dell’autonoma sistemazione è stata sempre al centro delle attenzioni di forze dell’ordine e istituzioni. Il Comune dell’Aquila, su input della Corte dei Conti, ha esaminato oggi (attraverso la società privata Assoservizi) 6 mila posizioni considerate sospette, ma i primi interventi di controllo risalgono al 2015 e nel 2020 si è arrivati a stimare il recupero delle somme indebitamente percepite intorno ai tre milioni di euro. 

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