Bonus mamme, Serena, due figli: «Per me solo 30 euro in più in busta paga»

Il caso della madre lavoratrice di Teramo

Bonus mamme, Serena, due figli: «Per me solo 30 euro in più in busta paga»
di Maurizio Di Biagio
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Giovedì 28 Marzo 2024, 08:06 - Ultimo aggiornamento: 29 Marzo, 08:02

«Cullare i figli, sfamarli, vestirli, portarli a scuola, andare a lavorare, riprenderli, preparare la cena, fare i piatti, farli addormentare e poi crollare, il tutto per 30 euro in più». Ecco quanto Serena dichiara di aver ricevuto dal bonus mamme: «Una presa per i fondelli per una madre lavoratrice». È duro l’affondo della teramana Serena Lupinetti che ricconta la sua giornata tipo già al primo squillo della sveglia «per prepararsi nel silenzio per poi svegliare i miei due cuccioli. Meno male che ho la fortuna di aver sposato un padre lavoratore che divide con me le fatiche quotidiane». E di avere anche  nonni pensionati. «La casa, una volta andata pure a fare la spesa, resta non proprio nel massimo ordine» è il suo rammarico. L'ultimo bimbo viene preso dall’asilo alle 18.30. «Crollo sul divano cullando i figli, per ripetere tutto a loop il giorno successivo e tutti gli altri a seguire», dice Serena. 

Serena si lamenta perché, spiega, «hanno detto che potevamo avere un esonero della contribuzione previdenziale, il cui importo non sarà detratto in busta paga: quindi ci si attendeva una paga mensile più pesante dal momento che tali oneri se li accollerà lo Stato». La madre lavoratrice dopo aver seguito tutta la procedura, si attendeva dai 150 ai 180 euro in più in busta paga ma ce ne sono solo 30: «Hanno sicuramente sbagliato a farmi la busta, sicuro, non è possibile è la sua prima reazione.

E invece no: «L’esonero delle madre lavoratrici sostituisce gli altri esoneri, con la beffa che i 30 euro in più non sono nemmeno sufficienti a pagare gli aumenti dell'Iva previsti per assorbenti, pannolini, latte in polvere e numerosi altri prodotti per la prima infanzia».  

Sul tema interviene Natascia Innamorati di Nidil Cgil: «La storia di Serena rappresenta quanto questo bonus mamme non prenda in considerazione le esigenze delle lavoratrici madri che non hanno in realtà nessun tipo di ristoro economico rispetto a quello che è il carovita, per via non soltanto dell'inflazione maggiorata ma anche dell'aumento Iva su dei prodotti che invece hanno a che fare con la natalità o con l'essere donna».  

Ma per la sindacalista c'è anche un'altra beffa, anzi due: «La prima è che non tutte le lavoratrici hanno diritto al bonus mamme, come ad esempio quelle più precarie che invece ne avrebbero più necessità, proprio a causa del loro contratto a tempo determinato. L'altra beffa invece è che più si guadagna più si riesce ad avere una decontribuzione maggiore». Quindi è evidente che uno stipendio di 1.000 euro avrà un beneficio minore rispetto a chi ne ha uno di 2.000 euro: «E’ paradossale».  

Inoltre, come esperienza personale, Innamorati riferisce che nelle fabbriche metalmeccaniche dove vige un'altra componente femminile «sono pochissime ad ottenere il beneficio: in una fabbrica su 50 ce n’era una sola». Questo perché i requisiti sono davvero stringenti: oltretutto le donne hanno pure un’età abbastanza avanzata. «Se vogliamo davvero agevolare la vita alle madri lavoratrici – chiude la segretaria Nidil - cerchiamo innanzitutto di estendere i congedi per tutte, trovando soluzioni reali al sostegno della genitorialità». 

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