Lo scienziato pescarese Vigliotti: «Ecco come ho scoperto la causa dell'estinzione dell'uomo di Neanderthal»

Lo scienziato pescarese Vigliotti: «Ecco come ho scoperto la causa dell'estinzione dell'uomo di Neanderthal»
di Roberta Zimei
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Sabato 1 Giugno 2019, 11:58 - Ultimo aggiornamento: 11:59
Negli ultimi giorni i suoi studi hanno attirato l’attenzione del mondo scientifico e della stampa nazionale e internazionale. Ha scoperto la causa che ha portato all’estinzione dell’uomo di Neanderthal, risalente a 41mila anni fa. E ha piazzato una bandierina italiana, e pescarese, su uno dei più grandi misteri della paleoantropologia, azzerando le ipotesi fino ad ora più accreditate per spiegare la sopravvivenza dell’Homo sapiens a scapito dei neanderthaliani.

Nessun istinto fratricida dei nostri più diretti antenati o nessun calo della fertilità dei fratelli più sfortunati, come recenti studi di marchio francese hanno azzardato. Lo scienziato pescarese paleomagnetista Luigi Vigliotti, primo ricercatore dell’istituto di scienze marine del Cnr di Bologna, città dove risiede dal 1975, è riuscito a mettere in connessione i suoi studi con conoscenze raggiunte in campi diversi e da diversi scienziati, mai correlate fra loro, fino a riannodarne i fili e arrivare alla scoperta: l’estinzione dell’uomo di Neanderthal è stata provocata da un aumento di radiazioni ultra-violette, contestuale all’azzeramento del campo magnetico terrestre (Evento di Laschamp) alle quali i neanderthaliani non hanno sopravvissuto per via di una variante genetica di una proteina sensibile ai raggi Uv.

«Il campo magnetico, infatti - spiega lo scienziato - è un vero schermo di protezione contro i raggi ultra-violetti provenienti dal cosmo». Gli aspetti meno noti della scoperta dello scienziato di Pescara, con la passione per i viaggi e le fotografie e per la squadra di calcio della sua città che lo ha visto per anni sugli spalti della curva nord, tra i capi degli Ultras, smentiscono ogni forma di superstizione legata ai numeri: «Era un venerdì 17 di marzo 2017 - racconta Vigliotti - e quel giorno mi capitò di leggere una tesi sulla sclerosi multipla. Si studiavano gli effetti dei raggi Uv sui topi. Misi in stampa solo due foto interessanti per la mia ricerca e, dopo la pausa pranzo, trovai inaspettatamente stampate tutte le 250 pagine della tesi. Un segno del destino? Non potevo che leggere tutto il lavoro e proprio fra quelle pagine ho trovato che i raggi ultra-violetti, agendo su una proteina, rappresentavano un fattore che determinava una variante genetica. Era la chiave di volta per proseguire nelle mie ipotesi».

Il resto è cronaca, la stessa che ha portato Vigliotti a condividere più tardi la sua idea col collega Jim Channell della Florida, coautore dello studio, fino a raggiungere il risultato pubblicato in questi giorni. «Dal 1800 fino a oggi - continua il geologo - l’abbassamento del campo magnetico terrestre procede ad una velocità sempre maggiore. Ci sarà un’altra variante genetica dell’uomo? Non è possibile dirlo, di sicuro però potrebbe essere utile a migliorarci».
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