Il passato racconta/ Il Santuario di Angizia di Luco dei Marsi

Il santuariodi Angizia a Luco dei Marsi
di Marianna D'Ovidio
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Lunedì 25 Luglio 2022, 19:47

Poco prima di arrivare a Luco dei Marsi, abbarbicato alle pendici del monte e un tempo affacciato sulle onde vitree del Lago Fucino, sorge il sito archeologico dedicato alla dea Angizia. Due grandi templi restituiscono il senso di un culto ancestrale dedicato a questa dea, sorella di Medea, e divinità ispiratrice presso i Marsi dei rimedi contro il morso dei serpenti.

Il suo nome si associa al controllo delle strettoie “anguste”, alle angosce, e a lei era dedicato il 21 dicembre, data del solstizio d’inverno in cui la notte tornava a dominare sulla luce.

La sacralità del luogo fu dapprima testimoniata da un bosco sacro e solo successivamente l’area fu monumentalizzata secondo modelli architettonici. Il complesso prevedeva la realizzazione di due templi su un ampio terrazzamento, associati ad un altro edificio non distante e dotato di tre ambienti. Il tempio B, più antico, era provvisto di due celle su ampio podio, precedute da un atrio con scalinata di accesso. Il sacello fu successivamente abbandonato perché obliterato dal distacco di detriti dalla montagna. Il tempio A, più recente, sostituiva il primo ed era posto per questa ragione al riparo dal dilavamento: si inseriva infatti nella roccia viva del monte, appositamente tagliata per proteggerlo dalle frane. Si stagliava su un alto podio ed era costituito anch’esso da due celle precedute da un atrio; secondo gli archeologi era datato alla fine del I sec. a.C. – inizi I sec. d.C.  Il santuario fu scavato tra il 1998 e il 2003 dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici per l’Abruzzo e comprese il ritrovamento di tre statue di notevole fattura (2003), due in marmo e una in terracotta.

La statua di Demetra presentava il capo velato e indossava una lunga veste. Con la mano destra si spostava il velo, gesto piuttosto singolare e collegato a riti di passaggio come il matrimonio o la morte. Da ciò il possibile riconoscimento in Demetra, divinità in lutto per la scomparsa della figlia Persefone rapida da Ade, dio degli Inferi. La straordinaria fattura e i tratti particolarmente aggraziati permettono di attribuire l’opera ad uno scultore greco.

La statua di Venere invece presentava un andamento sinuoso dotato di grande eleganza ed era cinta dalla vita in giù da un drappeggio.

La parte superiore era coperta da una leggerissima veste di cui è possibile scorgere lo scollo a V sul dorso. L’eleganza delle forme e la raffinatezza della manifattura hanno consentito agli studiosi di ascrivere la statua alla tarda età ellenistica (III-I sec. a.C.) e riferire la stessa ad uno scultore operante a Rodi.

Infine la statua seduta in terracotta raffigurante una figura femminile, ha sicuramente suscitato grandissimo interesse perché probabilmente riconducibile alla divinità tutelare del complesso. Si trattava di una figura matronale dotata di ampio panneggio cinto in vita e il volto conservato solo per metà. Il cuscino incurvato sotto il peso della statua rivelava un’alta fattura e l’operosità di un coroplasta appartenente ad un ambito colto. La cronologia è fissata tra il III e il II sec. a.C.

Nel santuario furono ritrovati una serie di ex voto raffiguranti teste votive in terracotta, parti anatomiche (mammelle, piedi) su cui si richiedeva l’intervento sanatorio della divinità, ma anche figure di animali, frutta e vegetali con l’obiettivo di ingraziarsi o ringraziare gli dèi per l’allevamento e l’agricoltura, fonti di sussistenza principali in società arcaiche.

Nei fine settimana da luglio a ottobre, la Soprintendenza ABAP per le province di L’Aquila e Teramo in collaborazione con il Comune di Luco dei Marsi, la cooperativa archeologica Limes e l’associazione “Luco dei Marsi è il mio paese” propone l’apertura straordinaria del santuario con visite guidate gratuite. E’ possibile prenotarsi al n. 339 7431107.                                                                                                                                                 

Marianna D'Ovidio

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