Ha ammesso cinque dei sei furti contestati, commessi in ospedale ai danni di ignari anziani ricoverati nei reparti di Geriatria e Covid, ma non il sesto, quello che ha portato come conseguenza il decesso di un’anziana ricoverata. Alla fine le hanno creduto e l’hanno assolta con la formula “per non aver commesso il fatto”.
Si tratta di A.P. di 41 anni dell’Aquila, infermiera prima presso il Reparto di Unità Complessa di Geriatria a Lungodegenza dell’ospedale aquilano, poi in quello Covid accusata di essersi approfittata del periodo pandemico (e dunque dell’assenza di famigliari dei ricoverati) e più in generale della minorità fisica degli anziani ospiti della struttura sanitaria, per mettere a segno sei furti di oggetti in oro (tra anelli, fedi nuziali, collane) di proprietà dei pazienti, che in un caso avrebbe portato addirittura alla morte di Lidia C.
Ieri l’imputata, assistita dall’avvocato Francesco Valentini ed Enrico Marinucci, è comparsa dinanzi il Gip dove in sede di rito abbreviato ha affrontato il furto più grave contestato (con decesso della paziente, assistita dall’avvocato Vincenzo Calderoni) insieme al reato di autoriciclaggio e il solo riciclaggio, contestato al marito dell’infermiera, aquilano di 45 anni (sempre assistito dagli avvocati Valentini e Marinucci) per aver entrambi rivenduto ai compro oro dell’Aquila la refurtiva, ostacolando di fatto le indagini.