Ecuador, ucciso il procuratore che indagava sul sequestro dello chef di Sulmona

Ecuador, ucciso il procuratore che indagava sul sequestro dello chef di Sulmona
di Patrizio Iavarone
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Venerdì 19 Gennaio 2024, 07:23

«Ora ho un alleato in meno». Panfilo Colonico, lo chef sulmonese che vive in Ecuador dove si fa chiamare Benny, si sente oggi al risveglio meno sicuro. I venticinque colpi di arma da fuoco che ieri hanno freddato Cesar Suarez, il procuratore di Guayaquil ucciso da un commando nella zona nord della città l’altra sera, hanno in qualche modo colpito anche lui e la sua sicurezza. Suarez era infatti il magistrato che stava indagando sul rapimento di Benny, avvenuto nel giugno dello scorso anno a Guayaquil, quando il sulmonese venne prelevato dal suo ristorante, “Il Sabore mio”, sotto la minaccia delle armi e tenuto in ostaggio per cinque giorni, prima di essere rilasciato, in parte per il pagamento di un riscatto di 200mila dollari, in parte perché la polizia era ormai con il fiato sul collo dei rapitori, tanto da averne ucciso uno e arrestati due.

«Suarez stava indagando anche sull’attentato incendiario che c’è stato al mio locale a fine settembre – continua Colonico – eravamo spesso in contatto, mi teneva aggiornato sull’evolversi delle indagini. Era una persona perbene, uno bravo, che è stato fatto fuori probabilmente per questo: ha pestato i piedi a qualcuno di importante e lo hanno ucciso. In Ecuador, ora, funziona così». Il Paese centroamericano si trova da dieci giorni nel caos: il presidente Daniel Noba ha dichiarato a chiare lettere che è in corso un conflitto armato interno, una specie di guerra civile imbastita dai narcotrafficanti che il 9 gennaio scorso hanno preso d’assalto il Paese e la tv nazionale TC Television, nei cui studi hanno fatto irruzione armi in pugno. Suarez stava indagando anche e soprattutto su questo episodio e ieri (l’altro giorno in Ecuador) era diretto ad un’udienza dopo aver interrogato gli undici arrestati a seguito di quell’incursione, quando, probabilmente seguito da un commando, è stato affiancato mentre era a bordo della sua auto e crivellato di colpi.

«La situazione qui in Ecuador e in particolare a Guayaquil è molto preoccupante – spiega Panfilo Colonico – si esce pochissimo in strada e solo quando è strettamente necessario. Oggi (ieri, ndr) sono arrivati i Marines americani di supporto alla polizia e all’esercito.

C’è una caccia all’uomo porta a porta: i militari sfondano porte e rovistano cantine alla ricerca di tre importanti narcotrafficanti che sono fuggiti dal carcere e soprattutto delle armi che detengono i soldati della droga. La settimana scorsa ero in Italia e volevo passare per Sulmona, quando mi hanno chiamato per avvertirmi di quanto stava accadendo. Sono dovuto rientrare di corsa in Ecuador, per tutelare i miei affari che, al momento, sono congelati».

Colonico, a seguito del rapimento e dell’attentato incendiario, infatti, aveva deciso di chiudere “Il Sabore mio”, o meglio di trasferirsi in un’altra zona della città considerata più tranquilla. «Mi sono dovuto fermare – spiega – in queste condizioni non è sicuro fare neanche un trasloco e poi, soprattutto, non è il momento per aprire un locale: alle otto di sera scatta il coprifuoco e quindi la gente non può uscire di casa e anche ad ora di pranzo quelli che vanno in giro sono pochissimi».

L’assassinio del procuratore Cesar Suarez è solo l’ultimo degli episodi delittuosi che ormai da mesi si registrano nel Paese: lo stesso rapimento di Benny, a giugno scorso, come i tanti altri avvenuti durante l’anno, rientrano probabilmente nella politica di finanziamento dei narcotrafficanti che in Ecuador gestiscono, in particolar modo nella città portuale di Guayaquil, il traffico di cocaina in tutto il mondo e in particolare verso l’Europa. Nella giornata di ieri la polizia ha arrestato due presunti killer del magistrato, sequestrando un fucile e due pistole, oltre a una notevole quantità di munizioni. Il commando ha colpito Suarez che era in attesa di ottenere la scorta armata, una tutela che non è stata presa in tempo. La guerra del terrore è d’altronde a tutto campo e gli obiettivi sensibili sono tanti: lo stesso Colonico aveva ottenuto una scorta dopo quanto accaduto a giugno. Ma ora, specie dopo le elezioni, segnate dall’omicidio di uno dei candidati, il livello dello scontro si è alzato. «Paura? Come si fa a non averne - conclude lo chef sulmonese - ormai è una guerra civile».

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