Debito per i lavori in parrocchia, il sacerdote contro il vescovo

Debito per i lavori in parrocchia, il sacerdote contro il vescovo
di Patrizia Pennella
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Martedì 3 Maggio 2022, 08:24 - Ultimo aggiornamento: 09:42

Mai generosità fu così mal corrisposta. Ci ha pensato a lungo, don Gianni Caldarelli, a quell'applauso scrosciante che, poco più di un anno fa, accompagnò l'annuncio della sua uscita dalla sacrestia della chiesa di Santo Stefano a Pescara. La parrocchia in cui era arrivato nel settembre del 2018 e per la quale aveva dato fondo non solo alle proprie energie, ma anche a gran parte del denaro risparmiato nella vita sacerdotale. Da quell'applauso, finale amaro di una storia difficile, nasce la vicenda che, per qualche mese, ha visto il sacerdote opposto all'arcivescovo Tommaso Valentinetti e alla parrocchia, che ha lasciato per diventare cappellano della questura.

Una storia arrivata fino alle soglie del tribunale che parla di soldi. Al momento dell'insediamento a Santo Stefano, don Gianni aveva trovato rate di un mutuo non pagato per 18.695 euro: i soldi erano serviti per realizzare sale in cui far riunire i ragazzi del gruppo scout. La banca continuava a sollecitare il pagamento, nelle casse della parrocchia i soldi proprio non c'erano e, appena arrivato, il sacerdote non voleva chiedere denaro ai fedeli. Dalla difficoltà al gesto di generosità è un attimo: sul suo conto don Gianni i soldi ci sono, così decide di anticiparli lui per conto della parrocchia.

L'assegno viene quindi consegnato all'arcivescovo che definisce i rapporti con l'istituto bancario. È il 7 ottobre 2019 e il mondo è ancora un posto normale. Arriva il Covid e l'Italia si ferma, le chiese chiudono tutte, compresa quella di Santo Stefano. Quando riaprono ci sono ancora le paure, le distanze e le mascherine.

Soprattutto ci sono i divieti di celebrare comunioni e cresime. Disposizioni dell'Arcivescovo, non revocate. Eppure in qualche parrocchia limitrofa le restrizioni si alleggeriscono e i fedeli fanno pressione. Hanno ragione anche loro, ma don Gianni non si sposta di un filo dal rispetto delle regole. Fatto sta che i rapporti diventano sempre più ruvidi, le lamentele con l'arcivescovo sempre più pressanti e a protestare, insieme alle famiglie, ci sono anche gli scout. Proprio quelli per cui il sacerdote aveva impegnato i propri risparmi.

Valentinetti non dà torto al sacerdote che fa rispettare le sue disposizioni, ma quando si apre la posizione in questura trova la formula di mediazione, e offre a don Gianni la via di fuga. Il parroco scomodo accetta. Ma quando all'annuncio del suo trasferimento scatta l'applauso, quando sente che i fedeli ringraziano il vescovo per averlo spostato si apre una ferita difficile da guarire. Pensa a quella generosità istintiva e, istintivamente, si dice che è ora di riavere i suoi soldi.

Così va nello studio dell'avvocato Leo Brocchi e chiede come fare, se qualcosa si può fare. Si può: parte la prima diffida e il vescovo dice che no, quei soldi non spettano perché erano regalati. Ma l'atto di donazione non c'è, quindi, sostiene il legale, si tratta di un'anticipazione. Si tenta la negoziazione assistita ma la situazione non cambia. E allora l'avvocato Brocchi fa partire l'atto di citazione: i soldi arrivano dopo pochi giorni. Per ristorare l'aspetto umano ci vorrà forse altro tempo.
 

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