Coltellate durante la movida: due ragazzi condannati a 7 anni

Coltellate durante la movida: due ragazzi condannati a 7 anni
di Alfredo d'Alessandro
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Mercoledì 19 Luglio 2023, 08:08

Regge l'accusa di tentato omicidio: ieri il tribunale di Chieti ha condannato a 7 anni e un mese di reclusione ciascuno, escludendo l'aggravante dei futili motivi, Luigi Coppola, 26 anni di Scafati, e Carmine Gallo, 29 anni di Torre Annunziata per l'accoltellamento di Christian Cipressi, 29 anni, avvenuto nella notte fra il 25 e il 26 febbraio del 2017 davanti a un pub dello Scalo. Il pm Marika Ponziani aveva chiesto 7 anni, conclusioni alle quali si è associato l'avvocato di parte civile, Luca Pellegrini. I due dovranno anche risarcire i danni in separato giudizio. La difesa, con gli avvocati Giuseppe Di Palma e Antonello Remigio, ha puntato sulla legittima difesa. All'origine della vicenda gli apprezzamenti su una ragazza che stava con Cipressi.

Prima della discussione, dichiarazioni spontanee dei due imputati, legati da rapporto di parentela. Dice Gallo: «Io mio fratello e mio cugino, per fatti nostri, ci stavamo divertendo quando a un certo punto arriva Christian con la fidanzata, l'ho visto solo quando si è avvicinato a me e ha detto: cosa ti guardi. E subito ha iniziato a dare testate. Siccome il ragazzo fa arti marziali, si sentiva sicuro di se. Poi quando si è scagliato contro di me, io avevo un coltellino in tasca (faccio uso di stupefacenti e tagliavo delle piccole dosi), mi sono difeso, siamo andati a finire per terra». E Coppola: «Siccome io qua stavo sotto programma di protezione, conoscevo la zona, quella sera stavamo andando a festeggiare perché non vedevo mio fratello da parecchio tempo. Poi si è avvicinato questo ragazzo e diceva che c...ti stai guardando, non ricordo se io o i miei amici abbiamo fatto un apprezzamento alla ragazza.

A un certo punto si avvicina e mi tira una testata in faccia. Queste sono le cicatrici, ho il setto nasale deviato, mi ha dato una testata diretta e mi ha buttato a terra, mi ha steso ko, tentavo di rialzarmi, mi sono girato ho visto lui e mio fratello che sono cascati sopra i tavolini e per terra. In quell'istante io non ci ho capito niente più, per la paura forte siamo scappati, e siamo finiti in un burrone (in realtà in via Papa Giovanni l'auto degli aggressori si schianta nel cortile di un'abitazione dopo un volo di alcuni metri ndr), mio fratello stava morendo».

Per la Pm Ponziani «l'aggressione non nasce come una forma di legittima difesa, Cipressi era da solo, loro erano quantomeno in tre, forse di più, e furono loro ad aggredire Cipressi che non era armato, mentre gli imputati erano armati di coltello, e le loro lesioni compatibili con l'incidente». E se, come disse il medico legale, Cristian D'Ovidio, non c'è mai stato pericolo di vita della persona offesa anche se le lesioni sono state di una certa entità ed importanza, ha sottolineato l'accusa, vi fu una assoluta idoneità sia della condotta sia del mezzo utilizzato per l'aggressione: il coltello era assolutamente idoneo a cagionare la morte, la zona attinta, per due volte, è un distretto contiguo al cuore, organo vitale per eccellenza. E peraltro, dice Cipressi che vi fu il tentativo di colpirlo al collo: «Quindi che vi fosse la volontà di fare del male seriamente credo che non vi siano dubbi».
 

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