«Non ho fatto la rapina, né quella a Cinelli né quella in Calabria». F. A. cinquantenne di Civitavecchia si difende e nega tutto. Ma il un collega ex guardia giurata, coinvolto nel colpo e già condannato con un patteggiamento, lo incastra. Udienza fiume ieri mattina al tribunale di Viterbo. Centro dell’attenzione il colpo da un milione di euro.
Nel pomeriggio del primo febbraio 2016, un furgone portavalori della Securpol Group, diretto a Fiumicino, mentre era in procinto di imboccare la rampa di uscita dalla Superstrada in località Cinelli, venne affiancato e bloccato da tre uomini armati di pistole e fucili travisati a bordo di una Bmw Station Wagon. Sotto la minaccia delle armi e dopo aver sistemato un ordigno, risultato poi finto, intimarono alle due guardie di scorta di aprire il mezzo e portarono via un milione e 35mila euro in contanti.
Quattro anni dopo gli inquirenti rimisero insieme i pezzi di un colpo complicato e portare a giudizio i tre principali esecutori della rapina. Due, M. P. ex guardia giurata e M. C. pregiudicato campano detenuto a Mammagialla, hanno scelto di patteggiare. Mentre F. A. cinquantenne di Civitavecchia ha scelto il rito ordinario. Sul banco dei testimoni proprio l’ex collega M. P. L’uomo con cui l’imputato avrebbe condiviso lavoro, sogni e probabilmente i piani della rapina.
«Il giorno della rapina ero sul furgone, lato passeggeri - ha raccontato -, all’uscita per Cinelli siamo stati bloccati da una Bmw blu da cui sono scesi due uomini armati.
Secondo la versione raccontata dal testimone avrebbe preso la sua parte di bottino per paura. «Mi terrorizzavano tutti - ha detto ancora - anche per questo dopo il colpo me ne sono andato in Australia con la mia famiglia. Temevo per tutti noi». L’uomo avrebbe ottenuto 5mila euro in contanti e poi due bonifici dall’imputato per 7mila euro. «Erano anche coinvolti nella rapina al portavalori avvenuta in Calabria, credo siano stati coinvolti anche in quella della banca cinese a piazza Vittorio».
La versione però non scalfisce l’imputato, che al termine dell’udienza ha detto che niente di tutto ciò corrisponde alla verità.